- risorti.
I patrimoni sono il massimo delle preoccupazioni umane; infatti, se confronti tutti gli altri mali per i quali ci angustiamo, morti, malattie, timori, rimpianti, sopportazione di dolori e fatiche, con quei mali che ci procura il nostro denaro, questa parte sarà molto più gravosa. Dunque, dobbiamo pensare quanto più lieve dolore sia non avere che perdere: e comprenderemo che la povertà ha tanto meno materia di sofferenze quanto minore ne ha di danni. Sei in errore infatti se ritieni che i ricchi sopportino le perdite con animo più saldo: il dolore di una ferita è uguale per i corpi più grandi e per quelli più piccoli. Bione disse con eleganza che farsi strappare i capelli non è meno doloroso per i calvi che per chi calvo non è. Puoi ritenere la stessa cosa per quanto riguarda i poveri e i ricchi, il loro tormento è uguale; ad entrambi infatti il loro denaro sta attaccato né può esser loro strappato senza che lo sentano. Inoltre è più sopportabile, come ho detto, e più facile non acquistare che perdere, e perciò vedrai più felici coloro che mai la fortuna si è voltata a guardare di quelli che ha abbandonato. Se ne avvide Diogene, uomo di grande animo, e fece in modo che nulla potesse essergli tolto. Tu chiama questo povertà, miseria, indigenza, da’ alla mancanza di preoccupazioni quel nome vergognoso che vorrai: penserò che costui non sia felice, se mi saprai trovare qualcun altro che non perda nulla. O io mi sbaglio o essere re significa, tra avidi, circonventori, ladri, ricettatori di schiavi, essere il solo a cui non si possa nuocere. Se qualcuno mette in dubbio la felicità di Diogene, può allo stesso modo dubitare anche della condizione degli dei immortali, se vivano poco felicemente per il fatto che non hanno né poderi né giardini né campi resi preziosi dal lavoro di coloni mercenari né grandi proventi dall’usura. Non ti vergogni di ammutolire, chiunque tu sia, davanti alle ricchezze? Guarda dunque l’universo: vedrai gli dei nudi, che dispensano tutte le cose, non possedendone nessuna. (meditazione su: de tranquillitate animi di Lucio Anneo Seneca).
I L 4 E’ R O S S O
Dentro la bocca ha tutte le vocali
il bambino che canta. La sua gioia
come la giacca azzurra, come i pali
netti del cielo, s’apre all’aria, è il fresco
della faccia che porta. Il 4 è rosso
come i numeri grandi delle navi.
-Alfonso Gatto-
Ina: la capacità di rinnovamento della società è venuta meno anche in Toscana?