Ester Iacolino 14 marzo 2014
Cosa aspettarsi da una cantante famosa come Patti Smith e da un libro che ne porta il nome? Semplice rispondere una biografia sulla sua straordinaria carriera. Invece, non appena si apre I tessitori di sogni, pubblicato da Bompiani nel giugno del 2013 (la traduzione è di Adriana Silvestri), ci si accorge che, nonostante la fuorviante frase che campeggia in copertina («Tutto ciò che è contenuto in questo libro è vero, ed è stato descritto esattamente com’era»), non ci troviamo di fronte ad un racconto dettagliato della sua vita. E del resto, proprio a partire dalla cover del volume si può scorgere il mistero che precede un viaggio interiore. Come quando ci si immerge nei sogni per ritoccare con mano qualcosa che ci sembra ormai lontano; che siano i ricordi della giovinezza oppure, per chi ci crede, le passate esistenze dei nostri antenati che custodiamo nel sangue, siamo di fronte ad una di quelle esperienze che, prima o poi, abbiamo fatto tutti. Patti Smith racconta di aver dato vita a questo testo, in un periodo di forte malinconia, poco prima del suo quarantacinquesimo compleanno. Seduta per ore sotto i salici, ha dato libero sfogo alla sua creatività, e proprio di libertà odorano le pagine. Le vicende si mescolano con i ricordi, ma soprattutto con quel tocco di magia che è tipica dell’infanzia, che dà colore a tutto quello che è ormai sbiadito.
Bruno Munari, uno dei massimi protagonisti del design e della grafica del XX secolo, diceva: «Conservare lo spirito dell’infanzia dentro di sé per tutta la vita, vuol dire conservare la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare». Patti Smith è l’incarnazione vivente di tutto quello che può essere chiamato creatività ed ogni pagina de I tessitori di sogni è pura poesia. Il punto di vista utilizzato è quello dell’autrice che racconta ogni cosa filtrando tutto con l’inebriante stupore di chi si è appena affacciata al mondo. Un approccio che non può non incantare il lettore: «La mente di un bambino assomiglia a un bacio sulla fronte: aperta e disinteressata. Gira come la ballerina in cima a una torta di compleanno con i suoi strati glassati, tossici e dolci». Queste parole aprono la porta a chi legge trascinandolo verso giochi di semplicità senza regole, dove albergano illusioni ingiallite, ma sempre presenti nel subconscio. Si ha la sensazione di essere guidati all’interno dei sogni di qualcun’altro, in cui però si ritrovano modelli universali, caratterizzanti quell’età di beata innocenza vissuta da ognuno di noi. L’amico immaginario, le avventure con gli altri bambini o l’attaccamento ad un particolare oggetto hanno qualcosa in comune: un senso di leggerezza di cui si sente la mancanza soltanto da grandi. I tessitori di sogni, protagonisti principali del libro, stanno ben nascosti e possono essere assimilati ai folletti o all’uomo nero. Personaggi fantastici, dunque, che aiutano a sviluppare le menti dei più piccini. Non bisognerebbe mai perderli di vista, dimenticarsene, eppure la ragione, crescendo, prende il sopravvento. Quello di Patti Smith non è però un’opera per l’infanzia e neppure una fiaba. Con stile originale riesce a mantenersi a metà strada tra il genere fantasy e uno pseudo romanzo psicologico. Pseudo poiché è povero di dettagli ed ogni brano può essere modellato e interpretato secondo la propria storia personale.
«Immersi nella loro pallida chiaroveggenza, non sembravano tanto persone quanto file di pioppi tremoli, le cui foglie fremevano al più leggero soffio. Tracciavano, di concerto, il mistero del loro lavoro, cospirando con i propri movimenti per purificare e magnificare l’esistenza di un inno all’uomo». A volte, non essendo questo un racconto narrativo, si perde il senso lineare della sequenzialità degli eventi, ma mai si è esenti dall’esserne coinvolti. Patti Smith evoca, esattamente come nelle sue canzoni, immagini ed emozioni. Non a caso i testi sono spesso accompagnati da foto della sua infanzia. Affiorano le sue memorie più care, come quella della nascita della sorellina Kimberly, dieci anni più giovane di Patti. Attraverso le sue parole si può sentire e toccare con mano l’ansia per questa bambina fragile e sempre malata. Con la sensibilità tipica di una ragazzina e con la voglia di proteggerla, le dedica pagine di poesia, pagine in cui è facile identificarsi. L’inesistenza di una dimensione temporale risiede nel fatto che, quando ricordiamo o quando sogniamo, perdiamo le coordinate e siamo guidati solo dalla nostra coscienza. Non c’è un prima e un dopo. «L’unica cosa su cui si può contare è il mutamento», ripete Patti per ben due volte nell’opera, come a volerlo imprimere nella nostra mente. Il tempo passa e si porta via certe sensazioni, ma basta poco per evocarle. È questo il senso del volume, tutto è mutamento e movimento, e non potrebbe essere diversamente. La terra stessa, quella che noi percepiamo come immobile, in realtà non è mai ferma. L’ambizioso progetto dell’autrice è quello di sostituirsi agli odori, alle foto, a un quadro e a tutto quello che, anche per la scienza, scatena i sensi e dà vita ai ricordi. Tra le pagine di un libro, con tutta la sua fantasia, Patti Smith ha voluto renderci indietro la felicità infantile, insieme a quella curiosità che lei ha custodito talmente bene da farle incarnare oggi anche il ruolo di una brava scrittrice.