Ester Iacolino 23 settembre 2013
Poesia e rock. Binomio possibile se a salire sul palco è Patti Smith, artista “maledetta” a cui ben si addice l’attributo di “seminale”. Se poi il palco è quello del Teatro Antico di Taormina l’evento a cui si assiste non è più un semplice concerto, ma un vero e proprio rito in grado di segnarti per sempre. Entrata a far parte del mondo delle sette note quando aveva già compiuto ventotto anni, la Smith si distingue immediatamente con l’album Horses (1975) dal quale, durante lo show taorminese dello scorso 31 luglio, abbiamo ascoltato il reggae di Redondo Beach, la celeberrima Gloria e My Generation. La voce vibrante e soprattutto la palese vena poetica si pongono subito all’attenzione della critica riuscendo però a scalare anche le classifiche. Il genere musicale a cui appartiene la talentuosa statunitense non è facilmente definibile. Accostata prima al rock più elettrico e poi al punk, Patti Smith è difficilmente catalogabile: tutto il suo essere è un grido silenzioso contro tutti i limiti, alla stregua di una poesia che fa dell’anticonformismo e della libertà la sua bandiera. Anche gli anni ’90 l’hanno vista protagonista, nonostante le sue dolorose vicende personali; nelle sue canzoni c’è spazio per temi sociali che puntano ad evidenziare i dolori e le follie del mondo: l’invasione cinese del Tibet, la morte di Allen Ginsberg, quella di William S. Burroughs, il Vietnam, Madre Teresa e il mito di Ho Chi Minh, a cui Patti dedica il suo album del 2000, Gung Ho. Il modo di cantare e fare musica della Smith è diverso e lo si capisce subito non appena si va a vedere un suo live. Cominciamo dal pubblico. Il 31 luglio 2013 non ci siamo ritrovati in mezzo ad una folla di ragazzini urlanti venuti lì spinti solamente dalla brama di essere partecipi di un evento popolare. L’atmosfera che ci avvolge è più quella che di solito caratterizza le prime a teatro: attorno a noi individui dall’aria colta, in qualche caso probabilmente radical chic, e crediamo appassionati di buona musica. Per un attimo si ha quasi l’impressione che da un momento all’altro gli spettatori possano sfoderare occhialini da intellettuali e confrontare ad alta voce i brani della cantante con quelli della letteratura romantica. Con questo target di riferimento, il palcoscenico del Teatro Antico di Taormina non poteva essere più adatto!
Patti Smith non si fa attendere molto, non è una di quelle rockstar superbe e impregnate solo del proprio ego. L’umiltà e l’empatia con il pubblico sono le sue uniche dimostrazioni empiriche. Il concerto parte piano, sottovoce, le prime canzoni sono le meno conosciute, quelle dell’ultimo album, uscito nel 2012, Banga. Si inizia con April Fool. Il pezzo si rivela istantaneamente familiare oltre che orecchiabile. Il testo e la musica si amalgamano alla perfezione: più in generale quanto ascoltato dal vivo dimostra che il disco meritava le ovazioni che ne hanno accompagnato la pubblicazione. La prima parte del concerto scorre veloce, impreziosita da omaggi che l’artista, tramite le sue canzoni, rende a personaggi noti come Amy Winehouse a cui viene dedicata This Is the Girl. A metà serata Patti si allontana dalla luce dei riflettori e va a fare una piccola pausa, dimostrando ancora una volta la sua umiltà, e forse anche la sua età (non si direbbe ma siamo già quasi a 67 primavere). La sua “sparizione” però non lascia orfani gli astanti. È tutto studiato, proprio come a teatro. I componenti della sua band, Lenny Kaye (chitarra), Patrick Wolf (chitarra), Jay Dee Daugherty (batteria) e Tony Shanahan (basso e tastiere), continuano a suonare dando spettacolo e dimostrando di essere strumentisti di livello assoluto. La Smith è lì che segue il ritmo da lontano, come una vera e propria coreografa della scena.
Da qui in poi, il pubblico viene proiettato da un tranquillo spettacolo teatrale ad un travolgente concerto rock. Una setlist di 13 canzoni più tre encores (Banga, People Have the Power e My Generation) in circa un’ora e quaranta minuti. Alla fine quello che Patti Smith chiede sempre ai suoi fan è un coinvolgimento totale, sia fisico che mentale, in cui non ammette distrazioni. Lo ha dimostrato quando si è infastidita per colpa di una spettatrice che parlava al cellulare durante l’esibizione (ma si può?). Il compito della “Sacerdotessa” è far sì che il rito si compia, perché la musica deve guidare verso una dimensione quasi ultraterrena o onirica, in cui non esistono i problemi quotidiani. Le ultime canzoni in scaletta, quelle che non mancano mai nei suoi concerti come Because the Night e People Have the Power, hanno omogeneizzato il pubblico in un solo corpo che si solleva e si muove all’unisono. È stato il momento del delirio più totale! Una trasformazione radicale, condotta e diretta da Patti. Il raggiungimento dell’estasi compiuto per imprimere nelle coscienze di tutti un messaggio preciso: “siate felici”, sempre e comunque.
Le fotografie relative al concerto di Taormina sono di Ester Iacolino