Il poeta ha sempre letto dei libri in cui si parla di suicidi, di malattie, di patologie della psiche e di morti, pensai mentre ero in piedi e ascoltavo al bar questa canzone di Patti Smith, libri nei quali è descritta la miseria umana, la mancanza di ogni via di scampo, l’insensatezza e l’inanità di ogni sforzo, libri nei quali tutto è sempre e continuamente devastante e micidiale. Per questo il poeta non solo ama soprattutto Dostoevskij e Henry Miller, i loro seguaci e la letteratura russa in genere perché di tutte le letterature è la più micidiale, ma anche i deprimenti filosofi francesi di ogni tempo, fino a Georges Bataille e a Foucault. Con grandissimo piacere e accanimento il poeta legge scritti di medicina, e le strade che si sceglie lo portano di continuo in luoghi desolati, cronicari della mente e cappelle mortuarie della libido. E’ questa un’abitudine che conserverà fino alla fine, costringendo il suo oggetto a a flettersi e a deprimersi ogni qual volta passa al meridiano quando il bagliore didonico di un oggetto d’amore ne illumina il transito. Ciò che affascina il poeta sono gli esseri umani nella loro infelicità, non lo attraggono le persone in sé, ma la loro infelicità, e l’infelicità la coglie dovunque ci siano delle persone, il poeta è avido di persone, ama il popolo, perché è avido di infelicità. L’uomo è l’infelicità, dice di continuo, anche al bar, solo gli imbecilli affermano il contrario.D’altra parte, mi dissi, stando in piedi al bar ad ascoltare Patti Smith, il poeta ama questa cantante, come se fosse un aforisma, perché ogni poeta trova riparo contro lo spirito malefico del mondo nell’idea di farsi autore di aforismi, e in effetti, una volta che scopre che alla gente piace il cantante che fa gli aforismi, tanto che si mette a cantarli, allora, questo pensai, ama Patti Smith , che è sempre dentro i suoi jeans dei suoi trent’anni, i trenta della Julie di Balzac, pensai, a trent’anni, pensò il poeta, che ci vuole per far passare il mio oggetto a con Patti Smith in jeans al mio meridiano, nessuno che fa il poeta ama condurre una vita fastosa quantunque possa essere beneficiario di premi e prebende di tremila pro loco e altri vitalizi, un poeta non ha mai un casino di caccia né può andare, come Glenn Gould, a Salisburgo a prendere lezioni da Horowitz, un poeta, se vai a vedere, prima di pensare seriamente a come togliersi dalle palle,quello che vuole è pubblicare un libro anche se seguita a scriverlo e non lo finisce mai, lo modifica talmente spesso che alla fine di quel manoscritto non rimane più nulla e così Mondadori non sa che cosa mettergli nello specchio, ed è per questo che pubblicai poeti che pubblica, perché il poeta s’è perso, con tutta la sua libido frammentata, a fare il verso a Patti Smith, come se fosse sempre quella con cui ebbe un’impennata della libido nella fotografia davanti alla lapide di Jean d’Orleans a New Orleans.
Il poeta ha sempre letto dei libri in cui si parla di suicidi, di malattie, di patologie della psiche e di morti, pensai mentre ero in piedi e ascoltavo al bar questa canzone di Patti Smith, libri nei quali è descritta la miseria umana, la mancanza di ogni via di scampo, l’insensatezza e l’inanità di ogni sforzo, libri nei quali tutto è sempre e continuamente devastante e micidiale. Per questo il poeta non solo ama soprattutto Dostoevskij e Henry Miller, i loro seguaci e la letteratura russa in genere perché di tutte le letterature è la più micidiale, ma anche i deprimenti filosofi francesi di ogni tempo, fino a Georges Bataille e a Foucault. Con grandissimo piacere e accanimento il poeta legge scritti di medicina, e le strade che si sceglie lo portano di continuo in luoghi desolati, cronicari della mente e cappelle mortuarie della libido. E’ questa un’abitudine che conserverà fino alla fine, costringendo il suo oggetto a a flettersi e a deprimersi ogni qual volta passa al meridiano quando il bagliore didonico di un oggetto d’amore ne illumina il transito. Ciò che affascina il poeta sono gli esseri umani nella loro infelicità, non lo attraggono le persone in sé, ma la loro infelicità, e l’infelicità la coglie dovunque ci siano delle persone, il poeta è avido di persone, ama il popolo, perché è avido di infelicità. L’uomo è l’infelicità, dice di continuo, anche al bar, solo gli imbecilli affermano il contrario.D’altra parte, mi dissi, stando in piedi al bar ad ascoltare Patti Smith, il poeta ama questa cantante, come se fosse un aforisma, perché ogni poeta trova riparo contro lo spirito malefico del mondo nell’idea di farsi autore di aforismi, e in effetti, una volta che scopre che alla gente piace il cantante che fa gli aforismi, tanto che si mette a cantarli, allora, questo pensai, ama Patti Smith , che è sempre dentro i suoi jeans dei suoi trent’anni, i trenta della Julie di Balzac, pensai, a trent’anni, pensò il poeta, che ci vuole per far passare il mio oggetto a con Patti Smith in jeans al mio meridiano, nessuno che fa il poeta ama condurre una vita fastosa quantunque possa essere beneficiario di premi e prebende di tremila pro loco e altri vitalizi, un poeta non ha mai un casino di caccia né può andare, come Glenn Gould, a Salisburgo a prendere lezioni da Horowitz, un poeta, se vai a vedere, prima di pensare seriamente a come togliersi dalle palle,quello che vuole è pubblicare un libro anche se seguita a scriverlo e non lo finisce mai, lo modifica talmente spesso che alla fine di quel manoscritto non rimane più nulla e così Mondadori non sa che cosa mettergli nello specchio, ed è per questo che pubblicai poeti che pubblica, perché il poeta s’è perso, con tutta la sua libido frammentata, a fare il verso a Patti Smith, come se fosse sempre quella con cui ebbe un’impennata della libido nella fotografia davanti alla lapide di Jean d’Orleans a New Orleans.
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