Domenica 31 Ottobre 2010 20:03
La decima Conferenza delle Parti (COP 10) della Convenzione sulla diversità biologica si è conclusa con un piano debole, confrontato all'ambizioso obiettivo di arrestare la scomparsa delle specie. I delegati di 193 paesi hanno deciso di mettere sotto protezione 17 per cento della terraferma e il 10 per cento degli oceani entro il 2020 per arrestare la perdita della diversità vegetale e animale e degli ecosistemi. Attualmente meno del 10 per cento della terraferma e di meno dell'uno per cento degli oceani sono tutelati, ma gli obiettivi precedenti erano più alti, rispettivamente il 25 e 15 per cento.
Ma tra i punti concordati va segnalato stato il "protocollo di Nagoya sull'accesso alle risorse genetiche e la condivisione regolare ed equa dei benefici derivanti dal loro utilizzo", le cui trattative si protraevano da 18 anni.
Il protocollo di Nagoya stabilisce meccanismi per l'uso dellle risorse genetiche di piante, animali e microbi per cibo, medicine, prodotti industriali, cosmetici e altri prodotti.
Accesso e condivisione dei benefici derivati dalle risorse genetiche: "Accesso" vuol dire il modo con cui tale materiale genetico è stato ottenuto, e "condivisione dei benefici" si riferisce a come i vantaggi o benefici dal suo utilizzo sono distribuiti. L'utilizzo delle risorse genetiche derivate da piante e animali deve molto alle conoscenze tradizionali delle popolazioni indigene acquisiti nel corso dei millenni attraverso l'utilizzo e l'osservazione. I popoli indigeni sostengono di essere titolari o custodi di gran parte della biodiversità del mondo e del sapere tradizionale. Senza un accordo formale internazionale come il Protocollo di Nagoya, sarà impossibile arrestare la continua perdita di specie.
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