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Paul thomas anderson - l’altra hollywood

Creato il 03 marzo 2013 da Cannibal Kid
Condividi PAUL THOMAS ANDERSON - L’ALTRA HOLLYWOOD Nuovo appuntamento cannibale con le carriere dei grandi del cinema. In rassegna sono passate per ora le vite (cinematografiche) di Quentin Tarantino, Steven Spielberg, Tim Burton e Kathryn Bigelow. Oggi è la volta di uno dei miei registi preferiti cui però non avevo mai dedicato un intero post finora. Il suo ultimo film Il petroliere era uscito infatti nel lontano 2008, quando Pensieri Cannibali era ancora solo un feto in attesa di assaporare le gioie e i dolori della vita. Quindi adesso vi beccate due post. Il qui presente, dedicato a tutti i suoi film, e poi un secondo presto in arrivo interamente sull’ultimissimo The Master.
Rispetto ad altri registi giustamente celebrati come Tarantino, Paul Thomas Anderson gode di un seguito più di culto. Quasi come Philip Seymour Hoffman nel suo ultimo The Master. C’è chi lo adora, lo venera come un Dio, io ad esempio, e chi non lo capisce. Non riesce ad afferrare il suo cinema. Mister Anderson è il classico regista che si ama o si odia. E il Sistema lo odia. Per una volta il sottotitolo italiano dato a un suo film non è inutile: Paul Thomas Anderson rappresenta davvero L’altra Hollywood. L’altra non intesa come nel suo Boogie Nights come industria del porno, ma come sguardo altro rispetto al cinema tradizionale. I suoi film sono talmente differenti dal resto, da uscire persino dal concetto di cinema indie. Sono un’altra cosa ancora.
A livello tutto personale, io associo PTA alla cantante Fiona Apple. I due sono stati insieme, per qualche tempo, e lui ha anche diretto i video per Across the Universe, Fast as You Can, Limp e Paper Bag.

PAUL THOMAS ANDERSON - L’ALTRA HOLLYWOOD Non è solo per questo però che li avvicino, ma anche per uno stile comune, un andamento jazz imprevedibile e schizofrenico delle loro carriere. Entrambi si sono avvicinati al grande successo, lei con il disco d’esordio Tidal, mentre lui con Magnolia è entrato a far parte dei registi più corteggiati di Hollywood. Eppure entrambi hanno deciso di fregarsene, di ignorare le lusinghe del successo e anzi voltargli le spalle, con mosse azzardate. Fiona mandando affanculo Mtv e pubblicando un secondo disco privo di singoli orecchiabili, Paul Thomas dopo i grandiosi affreschi corali di Boogie Nights e Magnolia scegliendo un progetto più piccolo e intimo come Ubriaco d’amore. Entrambi sono adorati dalla critica ed entrambi hanno un seguito rispettabile ma non enorme, entrambi sono qualcosa di altro. Qualcosa di meglio.
Finite le lunghe introduzioni che ad Anderson, almeno stando ai suoi lavori, piacciono parecchio, ecco la carrellata cannibale sulle sue pellicole.
PAUL THOMAS ANDERSON - L’ALTRA HOLLYWOOD Sydney (1996) Sydney è anche noto come Hard Eight. O meglio non noto, visto che è l’esordio uscito molto in sordina di Paul Thomas Anderson. Talmente in sordina che in Italia naturalmente non è mai arrivato, manco in home-video e manco qualcuno si è sbattuto a fare i sottotitoli. E così me lo sono dovuto recuperare in originale con sottotitoli in inglese. Cosa non si fa per amore? A differenza di molti altri esordi, quello di Paul Thomas Anderson non è un debutto acerbo. Non a livello registico, se non altro, dove il PTA dimostra di possedere una padronanza dei mezzi notevole e uno sguardo fin da subito personale. A mancare al film è però una storia davvero coinvolgente. Dal punto di vista dell’intreccio narrativo quindi acerbo lo è ancora, soprattutto a guardare i suggestivi racconti corali successivi gestiti in maniera magistrale, da vero master del racconto cinematografico. Sydney è il nome del protagonista, interpretato da Philip Baker Hall, l’uomo dalle occhiaie abnormi, che rivedremo poi anche nelle prossime due pellicole andersoniane. Un uomo che tira su dalla strada un morto de fame, John C. Reilly, pure lui pupillo del regista, lo porta a Las Vegas e gli insegna qualche tecnica per guadagnarsi da vivere tra un casinò e l’altro. Come spesso, come sempre accade con i film del Mr. Anderson, la storia si sviluppa in maniera imprevedibile. Sydney non è la solita pellicola sulla città del peccato o sul gioco d’azzardo come ci si potrebbe aspettare. Diventa più che altro un thriller, ma non così thriller, e insomma fin dal suo esordio PTA realizza qualcosa al di là delle etichette. Un qualcosa di indefinibile, ancora non del tutto focalizzato, ma che mostra una regia dal forte sapore classico. Perché Paul Thomas Anderson, a differenza di molti altri colleghi coetanei, non si presenta al mondo come un regista indie. Si presenta come un regista da consegnare da subito alla classicità. (voto 6,5/10)

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"Mi stai mollando e non per Brad Pitt, ma per Chris Martin? Mi pigli per il culo?"


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Boogie Nights - L’altra Hollywood (1997) Boogie Nights è un film sul porno. Non un film porno. Lo dico subito, ché poi qualcuno se lo cerca per fini non cinematografici e ci resta deluso. Che pure qualche scena piuttosto pop porno c’è anche e Mark Wahlberg e Julianne Moore ci danno dentro di brutto. Però resta più che altro un film sull’industria del porno, a cavallo tra fine anni Settanta e inizio Ottanta. Un’epoca di cambiamenti epocali riflessi attraverso l’altra Hollywood, quella che non appare alla sfavillante notte degli Oscar, bensì quella che si sbircia dallo spioncino della porta. Se Sydney rappresenta una prova generale, Boogie Nights è il primo vero grande film di un regista che da qui in poi non smetterà di realizzare solo veri grandi film. In Boogie Nights Anderson riprende il personaggio del suo primo cortometraggio, datato addirittura 1988, quando il regista classe 1970 aveva appena 18 anni, The Dirk Diggler Story. Quello che ne esce è la storia di ascesa e declino di un pornodivo, Dirk Diggler appunto, ma non solo questo. Anderson comincia ad avere manie di grandezza e realizza un racconto corale che anticipa la grandezza biblica della sua pellicola successiva. I riflettori sono quindi puntati soprattutto sul protagonista, mister 33 (!) centimetri, interpretato da Mark Wahlberg. Un Mark Wahlberg attore discontinuo e spesso poco convincente, ma qui perfetto nella parte. Probabilmente perché la sua carriera, lui che è partito come modello e rapper commerciale e ha poi cercato di costruirsi una dignità artistica nel mondo del cinema, è vicina a quella di Dirk Diggler, che parte invece dal mondo del porno e cerca poi di reinventarsi come attore non porno e pure come cantante. Intorno a lui ci sono tutta una serie di personaggi che in mano a un autore normale sarebbero rimasti a fare da tappezzeria sullo sfondo del pene gigante di Dirk e che invece nella mani abili di P.T. Anderson sono resi in maniera tridimensionale. Senza bisogno del 3D. Mitica la Rollergirl interpretata da Heather Graham, gigionesco Burt Reynolds, simpatico il gay interpretato da Philip Seymour Hoffman, di notevole profondità la diva del porno Amber Waves interpretata da una più sexy than ever Julianne Moore. Spassossimo poi William H. Macy, che ogni volta che compare becca la moglie a letto (per non dire scopata selvaggiamente) da qualcuno diverso. Lo stile di Anderson intanto si fa già tremendamente maturo e quello che per molti registi potrebbe essere considerato un capolavoro assoluto, altro non è invece che solo un gustosissimo antipasto per qualcosa di ancora più grande… (voto 8,5/10)

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"John Travolta chiiiii? Bee Gees cooooosa?"


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Magnolia (1999) Ci sono i film grandi, ci sono i film grandissimi, e poi ci sono quelli enormi. Una specie in via d’estinzione. Se c’è un film per cui voglio spendere la parola “enorme”, questo è Magnolia. Una delle mie pellicole preferite di sempre e anche una di quelle visioni che, se fossi un professore di Cinema, darei subito ai miei studenti per far capir loro come si gira e come si gestisce un racconto filmico. Per me Magnolia è il film corale per eccellenza. Una serie di storie, di personaggi unici e fantastici, ognuno dei quali meriterebbe una pellicola a se stante. Tom Cruise domatore di fica nel suo ruolo più idolesco di sempre, e sì che lui è uno che tende a rendere idolesco qualunque suo personaggio. Un quiz show che si trasforma in una delle cose più tese e thriller mai viste su grande schermo. L’ex bimbo prodigio gay di un quiz show che sogna di mettersi l’apparecchio ai denti che conquistare un barista. Un padre in fin di vita. Una dolcissima storia d’amore… In una maniera che ha del miracoloso, Paul Thomas Anderson riesce a tenere in mano i fili di tutte le vicende come solo un burattinaio dal talento mostruoso saprebbe fare. O come solo Dio saprebbe fare. E, come Dio, anche Anderson fa piovere rane sui suoi personaggi. Per punirli dai loro peccati. O forse soltanto per salvarli. (voto 10/10)

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Meteorologo di Studio Aperto, l'avevi previsto questo?



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Ubriaco d’amore (2002) Magnolia ha ricevuto un’ottima accoglienza critica, eppure si è dovuto accontentare di appena 3 nomination agli Oscar, di cui nessuno vinto, e di un successo commerciale modesto. Nonostante questo, Paul Thomas Anderson all’inizio del millennio sembrava essere sul punto di diventare uno dei nomi che più contano a Hollywood e veniva indicato da molti come l’astro nascente del cinema americano. Lui a quel punto ha però deciso di cambiare rotta e di fare qualcosa di totalmente diverso e inaspettato. Dopo i romanzoni corali di Boogie Nights e Magnolia, scrive e dirige con maestria assoluta un racconto breve. Una piccola storia d’amore tra un tizio che tutte le rotelle a posto non ce l’ha e una tizia che gli viene presentata da sua sorella, una delle sue mille sorelle rompicazzo. Una piccola storia d’amore che viene girata da Paul Thomas Anderson con una tensione pazzesca, quasi si trattasse di un thriller, merito anche delle solite grandiose musiche del fido collaboratore Jon Brion. La pellicola in originale si intitola Punch-Drunk Love, titolo secondo me ispirato a uno dei pezzi “minori” dei Radiohead, se esistono pezzi minori dei Radiohead, la splendida Punchdrunk Lovesick Singalong. E non so se è una coincidenza di quelle in stile Magnolia o meno, ma le soundtrack dei due film successivi Il petroliere e The Master passeranno proprio nelle mani di Jonny Greenwood, il chitarrista dei Radiohead. Ubriaco d’amore è una commedia romantica, una delle migliori commedie romantiche degli ultimi anni, ma una commedia romantica ubriaca. L’altra sorpresa del film è Adam Sandler, per una volta lontano dalle sue solite commedie goliardiche che l’hanno reso un po’ il Christian De Sica americano. Sandler non sarà il massimo dell’espressività nemmeno qui, però se non altro fa la figura dell’attore valido. Ennesimo miracolo di Paul Thomas Dio Anderson. (voto 8+/10)

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"Se ce la può fare Raphael Gualazzi, chiunque può..."


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Il petroliere (2007) Il petroliere è un film notevolissimo. Per qualcuno è il vero capolavoro di Anderson. Di certo è il suo film più acclamato e apprezzato, e con i suoi appena $40 milioni di dollari guadagnati negli USA è anche il maggiore successo commerciale di un regista che finora è ben lontano dall’aver raggiunto grandi incassi. Il petroliere è anche la sua unica pellicola ad aver ricevuto le nomination agli Oscar per il miglior film e per la miglior regia, oltre che il solo ad aver portato a casa una statuetta, anzi due: quella per la miglior fotografia e quella per il miglior attore protagonista al solito Daniel Day-Lewis, qui forse alla sua interpretazione migliore in assoluto. Il petroliere è un film notevolissimo, come detto, una visione a cui inchinarsi, eppure per me non è il capolavoro di Paul Thomas Anderson. È semmai il film meno andersoniano di tutta la sua carriera. Questa pellicola segna uno stacco netto rispetto alle sue opere precedenti, con il cambio della guardia di alcuni collaboratori, ad esempio come anticipato delle musiche si occupa ora Jonny Greenwood, così come non c’è nessuno dei suoi attori feticcio. No, nemmeno Philip Seymour Hoffman, presenza fissa di tutti i suoi altri lavori. Una svolta realizzata come sempre con coraggio dal regista che qui usa un tono più solenne che in passato. Rispetto ai suoi altri lavori, manca quel pizzico di umorismo dei lavori precedenti, così come un po’ più di sentimento. Tra politica, potere, religione e ossessione, PTA inaugura una pagina nuova del suo cinema, ulteriormente sviluppata in The Master. Una pagina che il regista sta ancora scrivendo e che potrà fargli raggiungere vette persino più alte. Una pagina che lo sta portando a essere per complessità e maturità di sguardo l’unico vero degno erede moderno del cinema di Orson Welles e Stanley Kubrick. Sto esagerando? No, non credo, perché è così che va trattata la sua Opera: in maniera grandiosa, megalomane e senza limiti. (voto 8/10)

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"Mi sa proprio che Joaquin Phoenix non ha preso tanto bene la decisione dell'Academy di darmi un altro Oscar..."


The Master (2012) Post in arrivo a breve, brevissimo… (voto ?/10)

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