I mercati
hanno sempre qualcosa di cui avere paura.
Oggi, tra paure con gli occhi a mandorla
provenienti dal Paese del dragone e lo spauracchio del brent, la priorità
dell’Europa sembra essere quella di mettere un freno alla deflazione
(il calo dei prezzi. Forse unico autentico indicatore per vagliare la crescita
di un’economia, viste le massicce ed insensate iniezioni di liquidità fatte
proprio dalla Bce per drogare il mercato: detto in soldoni, i prezzi calano
anche perché la domanda diminuisce… e il consumatore che paga meno,
contro ogni convenienza, si dovrebbe addirittura angosciare proprio perché paga
poco!).
Ciò che molti smanettoni che bazzicano
il web conoscono già da tempo, arriva finalmente anche all’attenzione del
Presidente della BCE, Mario Draghi. Tra
gli indizi disseminati da Draghi, quello che ha forse ottenuto una migliore eco mediatica, è stato quello di voler scaricare
sull’e-commerce la colpa del monstrum
deflattivo. Le vendite in enorme crescita via Internet (ebay, il
marketplace più famoso, conta circa 26 milioni di venditori) impediscono da
tempo il “naturale” lievitare dei prezzi. La
soluzione, a portata di mano, sarebbe semplice: basterebbe far pagare a quei
colossi del commercio online quanto dovuto all’erario dei luoghi in cui
piazzano le loro merci. Eppure i Governi non ci sentono – e non vogliono
sentirci -, meglio un generoso patteggiamento una tantum ogni lustro, se va bene, anziché adeguarsi, una volta
per tutte, alla legge statale (il nostro Renzi sfida persino il
principio di non contraddizione, nominando il vicepresidente di Amazon nella Commissione
per il digitale e l’innovazione).
Ad esempio, la sede fiscale della solita Amazon, già finita nell’occhio delle autorità britanniche, si trova in Lussemburgo. E anche da qui, dal loro pagare il 4% di fiscalità anziché
il 22%, deriva la loro competitività, la loro capacità di tenere i prezzi
bassi, convenienti e appetibili.
Dov’era
l’occhiuta Ue di fronte a questa madornale concorrenza sleale?
Chissà, forse è troppo tardi per mettere qualche regola che risponda al
semplice buonsenso, e poi si sa, le corporations sono permalose e facilmente
suscettibili. Hanno infatti adeguati strumenti di persuasione e di ricatto per
fronteggiare le richieste e i desiderata statali. E così sono proprio gli stati
a doversi adeguare alle leggi del mercato e alle logiche liberiste delle
Amazon e dei Google, degli Starbucks e delle Fiat… pardon della nuova
multinazionale FCA. Sì perché anche la patriotica ex Fabbrica Italiana
Automobili Torino ha spostato la sede legale in Olanda e quella fiscale in Gran
Bretagna. Ma tutto, ovviamente, per il bene del Belpaese, del consumatore e della
tuta blu italica: pagando meno tasse
posso infatti mantenere i prezzi competitivi e non delocalizzare dall’Italia la
forza lavoro. Quasi dei benefattori!