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Paura, deflazione ed e-commerce

Creato il 21 marzo 2016 da Lostilelibero
I mercati hanno sempre qualcosa di cui avere paura. Oggi, tra paure con gli occhi a mandorla provenienti dal Paese del dragone e lo spauracchio del brent, la priorità dell’Europa sembra essere quella di mettere un freno alla deflazione (il calo dei prezzi. Forse unico autentico indicatore per vagliare la crescita di un’economia, viste le massicce ed insensate iniezioni di liquidità fatte proprio dalla Bce per drogare il mercato: detto in soldoni, i prezzi calano anche perché la domanda diminuisce… e il consumatore che paga meno, contro ogni convenienza, si dovrebbe addirittura angosciare proprio perché paga poco!).
Ciò che molti smanettoni che bazzicano il web conoscono già da tempo, arriva finalmente anche all’attenzione del Presidente della BCE, Mario Draghi. Tra gli indizi disseminati da Draghi, quello che ha forse ottenuto una migliore eco mediatica, è stato quello di voler scaricare sull’e-commerce la colpa del monstrum deflattivo. Le vendite in enorme crescita via Internet (ebay, il marketplace più famoso, conta circa 26 milioni di venditori) impediscono da tempo il “naturale” lievitare dei prezzi. La soluzione, a portata di mano, sarebbe semplice: basterebbe far pagare a quei colossi del commercio online quanto dovuto all’erario dei luoghi in cui piazzano le loro merci. Eppure i Governi non ci sentono – e non vogliono sentirci -, meglio un generoso patteggiamento una tantum ogni lustro, se va bene, anziché adeguarsi, una volta per tutte, alla legge statale (il nostro Renzi sfida persino il principio di non contraddizione, nominando il vicepresidente di Amazon nella Commissione per il digitale e l’innovazione). Ad esempio, la sede fiscale della solita Amazon, già finita nell’occhio delle autorità britanniche, si trova in Lussemburgo. E anche da qui, dal loro pagare il 4% di fiscalità anziché il 22%, deriva la loro competitività, la loro capacità di tenere i prezzi bassi, convenienti e appetibili. Paura, deflazione ed e-commerce
Dov’era l’occhiuta Ue di fronte a questa madornale concorrenza sleale? Chissà, forse è troppo tardi per mettere qualche regola che risponda al semplice buonsenso, e poi si sa, le corporations sono permalose e facilmente suscettibili. Hanno infatti adeguati strumenti di persuasione e di ricatto per fronteggiare le richieste e i desiderata statali. E così sono proprio gli stati a doversi adeguare alle leggi del mercato e alle logiche liberiste delle Amazon e dei Google, degli Starbucks e delle Fiat… pardon della nuova multinazionale FCA. Sì perché anche la patriotica ex Fabbrica Italiana Automobili Torino ha spostato la sede legale in Olanda e quella fiscale in Gran Bretagna. Ma tutto, ovviamente, per il bene del Belpaese, del consumatore e della tuta blu italica: pagando meno tasse posso infatti mantenere i prezzi competitivi e non delocalizzare dall’Italia la forza lavoro. Quasi dei benefattori!

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