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Paura? The Thing (di J. Carpenter, 1982)
Creato il 22 settembre 2012 da Frank_romantico @Combinazione_CLa paura è il più grande sentimento primordiale. Non l'amore, non l'odio. La paura. Di quello che non si conosce, di quello che non si capisce. Di quello che c'è fuori e di quello che c'è dentro.Al cinema la paura è difficile da trattare. C'è chi lo ha fatto col sorriso, chi con trucchetti, chi ha scambiato paura con disgusto e chi l'ha affrontata da un punto di vista razionale, parlando di lei come si parlerebbe di politica o scienza. E attenti, non sto parlando solo di cinema dell'orrore ma della settima arte in generale, perchè la paura non è di genere ma è universale. Ed è proprio da un punto di vista "universale" che John Carpenter ha sempre parlato della paura. Sì, lui è il maestro indiscusso dell'horror ma i suoi film, forse più di tanti altri, hanno avuto come motore inequivocabile proprio quel sentimento di cui parlavo qui sopra. Che sia "sociale", "metafisica", "politica" o "letteraria" è proprio lì l'oggetto del cinema di Zio John: la paura.
Ecco, a questo punto dovrei parlare di un film del Maestro, ovvero The Thing, La Cosa. Perchè? Perchè questo film è un saggio sulla paura. Però ho delle cose da dire e le dirò, i classici sassolini che si tirano fuori dalla scarpa, quelle cose fastidiose ma talmente piccole da non meritare il nostro tempo. Solo che danno fastidio, cazzo se lo danno. Negli ultimi anni si è confuso il far paura con il far "buuuu" dietro le spalle. E alla gente piace, si vede, altrimenti non verrebbero prodotti tanti film brutti ogni anno. Ma fare "buuuu" non è saper far cinema dell'orrore. E' saper fare scherzi infantili che, perchè no, possono essere anche divertenti ma alla lunga stancano. Ma di questo avrò parlato un milione di volte. Tanti anni fa invece c'era un uomo che sapeva far cinema dell'orrore, nel senso che non ti sbatteva in faccia la paura ma te la insinuava nel cervello e nel cuore e in questo era pari ai grandi scrittori che furono, i Lovecraft e i Poe, gente che non veniva fuori dall'armadio mentre leggevi i loro libri solo per farti saltare sulla sedia. Carpenter te la faceva sospirare questa sensazione. Ti faceva capire che c'era qualcosa che non andava ma non te la mostrava mai chiaramente. E se lo faceva poi continuava a farti penare per almeno un'altra ora, perchè non è facile affrontare i propri demoni neanche quando questi ti vengono a sbattere contro. Temere l'indefinito, non (ri)conoscere il proprio nemico. Non conoscere nemmeno se stessi.
Nel 1982 Carpenter dirige The Thing, che è un remake ma non per questo è un film poco personale. Lo dice il nome stesso: La Cosa. L'articolo determinativo che accompagna qualcosa di indeterminato. Ma "cosa" deriva dal latino "causam" e vuol dire "causa". Tutto torna: la causa della paura è qualcosa di indeterminato, anzi no, l'indeterminatezza stessa, che in questo caso assume forti connotati sociali.
In una base militare U.S.A. al Polo Sud irrompe all'improvviso un elicottero norvegese. Gli occupanti del veivolo apparentemente stanno dando la caccia ad un cane che finisce per rifugiarsi nella base americana. Ma non si tratta di un semplice cane: in realtà è un organismo alieno capace di infettare gli esseri viventi e poi assumerne le caratteristiche. E una volta che questo avviene diventa impossibile capire la differenza. Ma cosa vuole in realtà questo alieno? E cosa succederà ai militari della base?
Se non conosci il tuo nemico non lo puoi combattere. Se il tuo nemico è "uno, nessuno e centomila", allora l'impresa arriva ai limiti dell'impossibile. Ma cos'è che fa veramente paura in questo film? C'è una creatura che viene da un altro mondo, chissà quale. Una creatura che è "nessuno", priva di forma definita ma con la terribile capacità di diventare "uno" qualunque - cioè chiunque - di rubare ciò che rende un individuo determinato: l'aspetto, la voce, il ruolo. Ma l'abilità della Cosa non si limita a questo, perchè l'essere può infettare qualunque organismo ed espandersi, evolversi, fino a diventare "centomila", il mondo intero, dal nulla al tutto. Mi scuserà Pirandello per la spietata citazione, ma è proprio di questo che si tratta in The Thing: ogni individuo è tale per le caratteristiche che lo inseriscono all'interno del proprio contesto sociale. Perse queste, persa la propria identità, diventa un estraneo, qualcosa da temere, qualcosa da eliminare per poter ristabilire l'ordine. E' il sentimento che assale l'essere umano di fronte una cosa del genere è la paura. La paura non solo di non saper più chi si ha davanti ma quella di venire contaminati, di perdere a propria volta quel che ci rende "noi". Indeterminatezza.
I protagonisti di questo film si trovano a dover far i conti con tutto ciò, non solo incapaci di fidarsi l'uno dell'altro ma persino di farlo con loro stessi. L'orrore viene dal profondo, lì dove si insidia la cosa ma anche lì dove si insidiano dubbi e timori. Un po' come ritrovarsi soli all'inferno, con tanti demoni attorno in grado di assumere le fattezze delle persone più care. Ecco che quindi la cosa diventa solo un pretesto, la causa a monte di dinamiche ben più complesse perchè umane, sociali, morali. Ecco che la paura si fa cane e corrode i cuori e le menti, subdola perchè può assumere tutte le forme, invisibile perchè nascosta da convenzioni e preconcetti. Se il male non ha volto (Halloween) la paura ne ha tanti. Non è l'Alien che ti si insinua dentro e per nascere ti uccide, ma il mostro che diventa te, portandoti via non solo la vita. Il bello è che non c'è soluzione. Ce lo racconta il regista nel finale, nichilista forse quanto quello di un altro suo capolavoro (Il Seme della Follia). Questo perchè la violenza, l'odio e la paura (ancora una volta lei) sono insiti nell'essere umano, qualunque sia la causa scatenante.
The Thing è un film che non spiega ma racconta. Un film che mostra e non vuole necessariamente giustificare quel che mostra. Non c'è bisogno di provare a dare una soluzione agli eventi benchè una soluzione venga data, sottile e affilata, nel finale. Il senso della pellicola è tra i sottotesti. Non che ci siano pretese autoriali, perchè l'estetica rimane quella del cinema di genere, a basso costo. Però c'è il desiderio di dare un senso al proprio cinema e renderlo tangibile, duro e amaro come la faccia di R.J. MacReady interpretato da Kurt Russell, all'epoca attore feticcio di Carpenter. Il nostro protagonista non è un eroe e deve molto ai suoi predecessori Jena Plissken (1997: Fuga da New York) e Napoleone Wilson. Definito il primo capitolo di una Trilogia dell'Apocalisse assieme al gia citato Il Seme della Follia e Il Signore del Male, The Thing apre le porte di un altro mondo che si riversa nel nostro. Un mondo alieno. Lo stesso mondo da cui prende le sue idee Carpenter. Lui non ci spunta alle spalle per farci "buuuu", non dissemina trappole sul nostro cammino. Lui ci prende per mano e ci accompagna in quel mondo lì. E noi dovremmo essergli eternamente grati per questo.
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