PAVIA. Disabilità sensoriale: ancora un ostacolo per le scuole pavesi.

Creato il 30 giugno 2015 da Agipapress
PAVIA. Un taglio di 20 milioni rende quasi impossibile poter provvedere a tutte le esigenze degli studenti con disabilità.  Questo ha portato ad una riflessione comune al convegno tenutosi stamattina all'Annunciata e organizzato da Provincia di Pavia e UPL, con il patrocinio di Regione Lombardia, ANCI, Ufficio Scolastico Regionale, Università di Pavia e con la collaborazione di ASL, Azienda Ospedaliera, Fondazione Mondino e Ledha, ed ha evidenziato tutte le difficoltà della Provincia di Pavia.  Certo, Regione Lombardia ha fortunatamente garantito un piccolo aiuto ma molta strada è ancora da percorrere.  Dati allarmanti sono stati, infatti, forniti al convegno di stamattina: secondo i dati MIUR, nell'anno scolastico 2013/14, gli studenti con disabilità in Italia sono stati 209.814, pari al 2,5% dell'intera popolazione scolastica. La loro distribuzione è dell' 1,3% nella scuola dell'infanzia, del 3% nella scuola primaria, 3,7% nella scuola secondaria di I grado e 2% nella scuola secondaria di II grado. Di essi, l'1,7% ha una disabilità visiva, il 2,9% una disabilità uditiva, il 4,1% una disabilità motoria, il 66,7% una disabilità intellettiva e il 24,6% rientra nel parametro delle "altre disabilità". Difficilmente, quindi, a un insegnante capiterà di avere in classe uno studente con disabilità sensoriale, ancora più difficilmente ripeterà la sua esperienza specie se con bambini compromessi nella sfera visiva. Il grado di specializzazione necessario per fornire risposte adeguate ai bisogni di questi ragazzi, viceversa, è molto elevato. Risulta chiaro, perciò, che il bacino di utenza di tali servizi deve essere relativamente ampio e non limitarsi a coincidere con quello comunale. Secondo il presidente UPL Daniele Bosone, non è possibile né opportuno richiedere un'omologazione degli attuali servizi, bensì garantire la continuità dei servizi efficienti già presenti sul territorio.  "Bisogna fare chiarezza fra le istituzioni - ha spiegato – ma sembra non vi sia alcuna capacità di mediazione né di ascolto reciproco". Il convegno di oggi ha pertanto delineato alcune linee guida che permettano la collaborazione fra enti.  Vediamo quali: anzitutto la collocazione degli interventi nell'ambito del complessivo "Progetto individuale" in capo al Comune, così che la progettazione si riferisca in chiave inclusiva alla persona e al suo contesto; un  collegamento operativo integrato con i Servizi Sociali, sanitari e riabilitativi di Comuni e Asl. Terzo elemento, l’impostazione "territoriale" del servizio, con interventi nelle scuole e non solo ambulatoriali. E ancora, un intervento precoce nei confronti delle famiglie, specie quando il bimbo ha meno di 6 anni. Da non dimenticare un raccordo consulenziale con la famiglia per aspetti quali educazione sensoriale, autonomia o sviluppo globale, e la consulenza psico-didattica nei confronti degli operatori delle strutture educative e scolastiche di ogni ordine e grado. E per concludere, un supporto educativo tramite la presenza quantitativamente appropriata e qualitativamente competente di un assistente all'autonomia e alla comunicazione e la fornitura di materiale didattico appropriato, libri di testo in braille o a grandi lettere.
di Serena Baronchelli

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