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PAVIA. Nel caso Meridional, l’ex dipendente che ha vissuto in una tenda, racconta la sua storia.

Creato il 14 luglio 2015 da Agipapress
PAVIA. Nel caso Meridional, l’ex dipendente che ha vissuto in una tenda, racconta la sua storia. PAVIA. Ha vissuto il caos con la vicenda Meridional. A raccontare una realtà nebulosa, all'interno della quale i dipendenti sembrerebbero destinati ad avere la peggio, è Umberto Mangiarotti, ex dipendente Meridional. 
Il calvario personale di Umberto ha avuto inizio lo scorso 20 novembre quando la società cooperativa iniziò a non corrispondere le dovute spettanze ai suoi dipendenti. 
I registri che documentavano la presenza del personale erano infatti stati smarriti e pertanto le spettanze non potevano essere pagate; la concomitanza con il Natale e i permessi per la festività ha ulteriormente peggiorato la situazione. 
Questo stato di cose si è protratta per mesi e il 1 febbraio di quest’anno Mangiarotti si "trasferisce" in una tenda di fronte all'ingresso principale del Policlinico.
A seguito di ciò, venne convocato un consiglio comunale, nel quale il sindaco Massimo Depaoli e la giunta si impegnarono a redigere un ordine del giorno che intimava alla Meridional di pagare quanto dovuto.
"Mi sono staccato completamente dai sindacati visti i loro comportamenti - spiega Mangiarotti dando una propria interpretazione dei fatti -, avevo capito che c'era sotto traccia una sorta di inciucio. Nel momento in cui venne concesso il nuovo appalto all'Ati (agenzia temporanea d'impresa), le tre società che ne facevano parte iniziarono a procurarsi documenti personali dei dipendenti sul posto di lavoro. Mi sembrava che ci fosse qualcosa di strano e infatti ne derivò quasi immediatamente un taglio lineare del 20% delle ore di lavoro, senza che nessuno fosse avvisato". Come può essere accaduto davvero tutto ciò? "Sindacati e cooperative erano già d'accordo – sospetta Mangiarotti - tant'è vero che durante il tavolo di trattativa dell'8 febbraio, in presenza di tutte le rappresentanze sindacali e delle cooperative, venne pronunciata la frase “noi ci siamo già incontrati e abbiamo deciso così”. Io reagii in modo dignitoso: me ne andai. Non volevo più partecipare a un circo montato per far credere ai 220 dipendenti che la situazione fosse immodificabile". A luglio inoltrato, la situazione sembra protrarsi senza sostanziali cambiamenti. "I rappresentanti dell'Ati hanno rifiutato 5 appuntamenti con il presidente del Policlinico Tommaso Moneta e con i sindacati - sottolinea l'ex dipendente -. Ciò non porta niente di buono alla città, al policlinico né a chiunque debba recarsi in ospedale. La pulizia e l'igiene sono i cardini per dimostrare la professionalità del policlinico". E l’analisi di Mangiarotti prosegue. "Le tre sigle sindacali si sono comportate come tre bambini dell'asilo che si contendevano un cioccolatino. Hanno diviso gli operai in tre gruppi scartandomi totalmente mentre io ricevevo lo sfratto esecutivo in quanto da 4 mesi non pagavo l'affitto. I tre “interlocutori dell'inganno” hanno quindi infettato la ferita anziché sanarla. Per me le cose si facevano molto serie ma i sindacati la prendevano alla leggera. Mi staccai quindi da ogni tipo di ideologia politica ed ebbi la conferma che all'interno del policlinico qualcosa funziona indipendentemente dalle decisioni del presidente Moneta. La mia esperienza mi ha costretto a riconoscere che c'è gente che cambia faccia con la facilità con cui sostituisce la cover del proprio telefono".
Oggi Umberto sta cercando di reinventarsi un lavoro come giardiniere, mansione che svolgeva da giovane, e sta portando avanti la sua formazione teatrale. A proposito del suo prossimo nutre più di un dubbio: "Non è una crisi economica che ha investito l'Italia ma una crisi psicologica dalla quale difficilmente riusciremo a rialzarci" conclude amaramente. di Serena Baronchelli

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