Brizzi: quando la commedia non diverte più
Ormai Brizzi è diventato un fenomeno annuale. Fa un film all’anno, ma non gliene riesce neanche mezzo. Pazze di me (2012) mette in mostra un registro sicuramente più leggero, ma non basta. Brizzi replica se stesso. Malamente.
Andrea vorrebbe disperatamente una compagna per la vita. Ma non è facile quando sei l’unico figlio maschio in una famiglia nella quale il cromosoma XX è predominante. E se il padre si è abilmente dileguato dicendogli «ora sono cazzi tuoi», Andrea è ancora nella casa di famiglia, senza un lavoro e alle prese con situazioni surreali e paradossali.
Ancora la guerra tra sessi, nella quale le donne sono iper-nevrotiche, stupide e acide, mentre il genere maschile è costantemente bugiardo, insensibile e infedele. L’unico che si salva è il protagonista Andrea (un Francesco Mandelli contraddistinto da un velato romanesco inascoltabile), collante della pellicola, l’uomo di casa che si ritrova a dover gestire 6 donne e altrettante nevrosi. Difatti ci troviamo di fronte a un campionario di disturbi, che evolvono senza mai distanziarsi dallo stereotipo effimero, dall’ottuso luogo comune. La madre (chiamata Maresciallo Hartman e interpretata da Loretta Goggi) è l’assillante schiavista, Veronica (Claudia Zanella) è la femminista convinta e successivamente illusa amante, Federica (Marina Rocco) è la svampita (o stupida?) della famiglia, Beatrice (Chiara Francini) è la vincente perfetta e insopportabile (che viene lasciata sull’altare proprio perché eccessivamente perfetta), la nonna Matilde (Lucia Poli) è completamente rintronata e unisce linguaggio tecnologico a momenti di follia pura, mentre Bogdana (Paola Minaccioni) è la badante (ops, dama da compàgnia) dalla battuta pronta. A prima vista pare un quadretto simpatico e divertente. Tutto questo si scioglie ben presto in una chiara esibizione di una costruzione narrativa frammentata in una serie di paradossali situazioni, che vedono protagoniste le 7 streghe di Salem (mai soprannome fu così azzeccato) e il malcapitato Andrea, colui che prova a sistemare tutto, evitando di farsi rovinare la vita. Impresa ardua, proprio come quella di risollevare, grazie a volgarità e dialoghi (a tratti) elementari, Pazze di me. Senza dimenticare il momento di neriparentiana memoria (la nonna che si lancia nella piscina con la carrozzina elettrica) che fa tanto ridere una certa fetta di pubblico. Nonostante tutto Pazze di me strappa qualche risatina, ma è quella risata figlia di una visione distratta, di quello sguardo che si limita a estrapolare, da un contesto disastroso, qualche piccolo momento di divertimento.
Brizzi si alleggerisce e prova a costruire una pellicola priva di qualsiasi pretesa, con un finale accomodante e di rivalsa per quel genere femminile fatto a pezzi silenziosamente, sequenza dopo sequenza. Ma Brizzi non riesce a rinnovarsi completamente ed ecco che a metà film compare (attesissimo) il momento melò, ovvero quell’attimo in cui la musica di sottofondo si alza, ostenta una hit melodica e si cosparge di buoni sentimenti. L’impressione dopo aver visto il prodotto di Brizzi è di trovarsi all’interno di una sit-com pomeridiana, che si osserva con disattento divertimento, che tiene compagnia, ma non merita (e non richiede) un notevole interesse. Che la commedia italiana sia nello stesso stato?
Uscita al cinema: 24 gennaio 2013
Voto: **