Pazze di me di Federica Bosco

Creato il 12 febbraio 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Divertentissimo, ma non solo. Profondo, ma non troppo. Spietato, a volte. Pazze di me, romanzo di Federica Bosco, ha il pregio, non comune, di saper far sorridere senza essere vacuo, di esser lieve ma lontano dai confini, a volte troppo ingombranti, della banalità. Semplice, ma non senza quella complessità intrinseca nelle pieghe delle umane vicissitudini. Andrea, protagonista assoluto di questa storia, giunge all’età di trent’anni senza un vero lavoro, mollato dalla fidanzata e con tre sorelle, una madre e una nonna a cui badare. Di sfondo, un’infanzia da ricostruire, ma di cui, sovente, non ritrova i pezzi. Così, ogni tentativo per dare un senso alla sua vita e a quella della sua famiglia si rivela, con imbarazzante puntualità, un fallimento.
Incastrato tra i capricci e i ricatti morali delle numerosissime donne di casa, come una mosca in un bicchiere, Andrea, non trova la via d’uscita, e rimane sospeso tra disordini e irrisolti.
Poi arriva Giulia, dal nulla e sembra tutto. E forse lo è. Una luce improvvisa, forte e lucente, ma Andrea non è ancor pronto per reggere quel barbaglio, e lo scintillio di lei, invece di illuminare, acceca e confonde.
Per attraversare un ponte è inevitabile percorrerlo tutto, fino in fondo, dal suo inizio alla sua fine. Solo dopo averlo attraversato è possibile guardare indietro, osservar la strada compiuta e assumere la consapevolezza di aver oltrepassato il vuoto. Senza cadere, o smarrirsi. O perdersi in un fitto groviglio di domande, risposte che veleggiano senza un approdo, pensieri, insicurezze, paure. Foglie che vorticano senza posa. Il ponte ha un inizio e una fine. Due momenti, la partenza e l’arrivo, due lampi, come due incontri in due momenti diversi con la stessa persona a distanza di anni: Andrea incontrerà suo padre per la prima volta dopo quella lontanissima vigilia di natale in cui, il padre, lo abbandonò come una spicciola frase, lasciando solo insieme a sua madre e alle sue sorelle, frantumando l’infanzia e calpestandone i frammenti. Ma con quell’incontro sfuggente, breve, silenzioso, il cerchio si chiude, il ponte finalmente è stato attraversato e il pezzo mancante è tra le mani di Andrea, così adesso potrà guardare avanti e seguire quel raggio di sole lieve, teso verso l’uscita.

di Christian Dolci


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