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Pd alla bolognese? Ma per carità…

Creato il 23 ottobre 2011 da Albertocapece

Pd alla bolognese? Ma per carità…Anna Lombroso per il Simplicissimus

La carità ha ormai sostituito pietas e solidarietà: è più “facile”. Soprattutto quando aiuta a aggirare l’ostacolo arduo del diritto per non parlare della giustizia. Perfino davanti all’oltraggio di un corpo, si fa ricorso alla consolante misericordia che aiuta la rimozione di responsabilità e stato di diritto.
Per un laico la più disdicevole per non dire ripugnante forma di carità dovrebbe essere quella “di patria” aprioristicamente assolutoria, indulgente e sterilmente acritica. E dannosa tanto quanto il libero dispiegarsi emotivo del pregiudizio, altrettanto estremo e improduttivo. Mi auguro quindi che nessun esponente o militante del PD sia tollerante nel “tollerare” giustificare o ignorare l’atteggiamento assunto da esponenti del partito a Bologna allineati con in Udc, Pdl e Lega nel respingere la richiesta di entrare nella consulta comunale avanzata da associazioni che rappresentano omosessuali e le loro famiglie. Secondo Riccardo Petrella, eletto nelle file dei democratici a Palazzo D’Accursio “Ammettere quelle associazioni nella Consulta è un abuso e bisogna riparare all’errore. Il riconoscimento delle coppie omosessuali in quanto famiglie non è previsto dal programma del partito democratico”.* (vedi nota in fondo all’articolo)

L’immagine di un movimento diviso a volte contraddittorio ma che ha il coraggio di rompersi su irrinunciabili questioni di principio eticamente meno negoziabili per laici ancor più che per i credenti, farebbe sentire meno soli tanti militanti. Consolerebbe qualche deluso sulla possibilità che esista ancora qualcuno che pensa che i diritti non sono una merce di scambio per incerte maggioranze. E darebbe un sia pur flebile barlume di speranza in chi irriducibilmente non vuole arrendersi all’orrenda agnizione che “tanto sono tutti uguali”, caposaldo consolidato e universalmente accettato della montante antipolitica.

È che siamo di fronte a un fantasma spesso evocato cui evidentemente non si sfugge: la sinistra si autodistrugge quando porta interessi partitici, se non addirittura economici. L’inettitudine a compiere una riflessione su una alternativa al monetarismo, che viene vista come una inevitabile e invincibile aberrazione del capitalismo contemporaneo, i cedimento sul terreno del lavoro e dei suoi valori, l’incapacità di muoversi sui terreni della morale e dell’etica, dai temi della corruzione a quelli dei comportamenti, delle inclinazioni e delle scelte personali, ci convincono amaramente che la fine delle ideologie dispiegatasi nel secolo breve non ha consegnato idee e aspettative al mondo irreale dell’utopia, ma nemmeno della radiose visioni, preferendo il tremendo ottuso “realismo” quel cinismo furfante che sembra essere una cifra bi partisan.

E registra un fallimento, lo smarrimento dell’identità di sinistra, perché quella di destra aggrappata come è alle sue radici storiche populismo, autoritarismo, razzismo, xenofobia, svuotamento della sovranità democratica, è ancora viva e definita. Ed è smarrita la distinzione tra queste due posizioni, che descrivono le grandi scelte politiche nel mondo moderno, dal 1789: uguaglianza o gerarchia, autonomia o eteronomia, razionalità o irrazionalità, orizzontale o verticale. Oggi la sinistra cosiddetta radicale non coglie più queste alternative, e la sinistra istituzionale non vuole davvero coglierle. Perché la polarità destra-sinistra dà ordine alla politica, come il denaro, strumento di scambio, lo dà all’economia: due identità sono relative, spaziali, non sostantive: dipende da chi si colloca a destra o a sinistra dell’altro.

Se lo spazio dei partiti si è fatto perverso: si ritirano dalla società, e questa si ritira dai partiti, nella sinistra questa distorsione è ancora più violenta e crea uno spaesamento.
Una volta per combattere la delegittimazione di questa distinzione, che va a scapito della democrazia, per limitare gli effetti devastanti dello stereotipo: sono tutti uguali, si usava come criterio il principio di uguaglianza: chi sottolinea ciò che accomuna è di sinistra, chi evidenzia ciò che differenzia è di destra. Oggi anche da sinistra si nega quella distinzione, così come ha reso indefinito il “territorio” di questa differenza che un tempo era lo stato-nazione, era lo spazio pubblico, dove i poteri pubblici prevalevano sui poteri privati e l’interesse generale su quello personale; uno spazio dove tutti i punti sono sotto la stessa legge.

Il nuovo spazio della globalizzazione è prodotto con mezzi privati, che sono i media di massa, i gestori dei flussi (finanza, droga, informazioni, merci, …). Questo spazio non ha più confini, tutto in esso si sovrappone; le comunicazioni alla velocità della luce portano in ogni punto dello spazio le diverse fonti di potere.
Si dirà che questa è la crisi della politica, non solo della distinzione destra-sinistra.

Ma è imperdonabile che la sinistra, che nella Rivoluzione Francese e dopo ha saputo ha creare la geografia della politica, da una parte libertà, uguaglianza, libertà, dall’altra gerarchia, oscurantismo, autoritarismo, abbia perso la sua stella polare, dal tabù della violenza al principio di inclusione, dal primato della responsabilità all’assunzione dei limiti, da quelli alla crescita fino all’imposizione di confini invalicabili alla volontà di potenza.
È che aveva ragione il rabbi Hillel. Prima di essere corrotto da una generalizzata domanda di divieti e proibizioni per por fine a vizi e delitti, aveva prodotto una legge elementare: non fare ad altri quello che non vuoi venga fatto contro di te. Aveva pensato che fosse sufficiente a salvare l’umanità dalla sopraffazione dell’idiozia autodistruttiva. E probabilmente è proprio così.

*La vicenda di Bologna è tanto più grave perché  il 28 settembre scorso, il Parlamento Europeo ha ufficialmente richiesto a tutti gli Stati Membri dell’Unione di fermare ogni forma di discriminazione e violenza nei confronti del popolo LGBT (Lesbian, Gay, Bisexual and Transgender), condannando apertamente il fatto che in molti paesi del nostro continente l’omosessualità, la bisessualità e la transessualità siano ancora soggette a discriminazioni di ogni tipo.


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