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La voce di possibili dimissioni di massa si rincorre nei corridoi di palazzo Lascaris.
Visto che Cota, da solo, a casa non ci va, il Pd piemontese sta tentando in queste ore un cambio di strategia: dimettersi in toto. Per far mancare i numeri al consiglio regionale, e rendere quella delle elezioni anticipate l’unica strada percorribile. Magari a gennaio.
Un’operazione complicata ma fattibile e soprattutto doverosa, secondo alcuni. A spingere in questa direzione sono trasversalmente cuperliani e renziani che siedono fuori dal consiglio regionale. Ma i protagonisti, cosa ne pensano? Per ora sono timide le posizioni del segretario regionale Morgando e del capogruppo Pd Reschigna. Anche perché la faccenda è delicata: serve la condivisione di tutte le altre forze di opposizione, perché le dimissioni raggiungano il loro obiettivo. E serve che i consiglieri subentranti a quelli dimissionari cedano a loro volta il posto. Se no, lo sforzo sarebbe vanificato.
Ma perché proprio ora il Pd sembra voler decidere questo repentino cambio di strategia? A mutare il quadro politico in Piemonte è sicuramente la sentenza della Cassazione (dello scorso giovedì) che ha definitivamente delegittimato l’elezione di Cota, condannando per falso elettorale il leader dei Pensionati, Michele Giovine. Come se non bastasse, le indiscrezioni parlano di un possibile rinvio a giudizio per il governatore Cota e il presidente del consiglio Cattaneo, nell’ambito dell’indagine sui rimborsi elettorali. Ecco perché i Democratici non possono, né vogliono, più aspettare.
Nel frattempo, Morgando ha convocato per il prossimo lunedì una riunione straordinaria della segreteria e del gruppo regionale. Lì si capirà quanto la possibilità delle dimissioni di massa paventata in questi giorni sia effettivamente reale. Ulteriori aggiornamenti sulla situazione arriveranno già nelle prossime ore.