L’incidente sui matrimomi gay è lì a testimoniare la paralisi progressiva del Pd, il fallimento totale dell’unione tra due culture e forse ancora di più l’assenza delle medesime: cattolicesimo sociale e progressismo sono solo ricordi sostituiti da moderatismo clericale e moderatismo laico. Vale a dire dal nulla, come è purtroppo evidente dalla differenza enorme che si può notare tra ciò che sta facendo il socialdemocratico Hollande in Francia e l’appiattimento vergognoso sulle tesi e gli uomini della finanza che si è prodotto da noi.
Ma se ormai testa e muscoli sono svaniti, c’è ancora qualcosa che tiene unito questa specie di corpo gelatinoso e ameboide: un osso di seppia in cui si sono calcificati apparati e interessi personali, camarille e potere, distacco dalla società e astuzie. In una parola lo spirito di casta. Così se nulla di preciso si sa sulle primarie e men che meno sui matrimoni gay, nonostante questi ultimi siano stati tirati fuori per distrarre l’elettorato dal massacro sociale aggravato e continuato di cui il partito si è fatto complice, è stato invece brillantemente e felicemente risolto il problema del limite dei tre mandati che lo statuto del Pd prevede per i propri parlamentari. Quel limite e che tanto angosciava i “signori” del partito e i loro famigli è stato spazzato via: nessuno sarà lasciato a casa.
Ma come, c’è gente che è seduta in parlamento da tempo immemorabile, com’è possibile che rimanga ancora col sedere sul velluto? Facile: lo stesso statuto prevede che a questa regola vi possano essere un massimo di 30 deroghe. E’ bastato che nella medesima assemblea dei malumori si decidesse che tre mandati significa non tre legislature effettive, ma un tempo corrispondente a tre legislature piene, cioè 15 anni, per salvare tutti quelli che sono stati eletti a partire dal 2001 e che l’anno prossimo avranno solo 12 anni sul groppone. Naturalmente ci sono anche onorevoli e senatori che sono in servizio permanente effettivo anche da molto prima, in primo luogo i ras del partito. Sapete quanti sono? 15 alla Camera e 11 al Senato, in totale 26. Il numero giusto per la deroga.
Ora che la norma delle tre legislature fosse abbastanza pesante e anche un po’ stupida non si discute. Che volesse strizzare l’occhio a un rinnovamento troppo facile e troppo automatico, è lampante. Che facesse riferimento a un rinnovamento ipocrita in mancanza di una possibilità di scelta da parte dell’elettore, è altrettanto chiaro. Ma che poi finisse in farsa è davvero troppo, la pazienza è finita.