di CARLO VALENTINI
L'ultimo dei bersaniani doc. Lodovico Sonego,60 anni, eletto nel 2013 nella circoscrizione Firuli-Venezia Giulia, non è mai stato sfiorato dal dubbio. E' rimasto fedele, sempre e comunque, all'ex-segretario. Tanto che è stato l'unico senatore (tra 71) che non ha votato a favore dell'Italicum..Ora va all'attacco di Matteo Renzi su quella che potrebbe risultare una buccia di banana, la legge sulle banche coop. Il tema bancario non può che essere preso con le molle da un governo che ha sulle spalle l'ingombrante affaire di Banca Etruria. Così la legge che riforma le banche coop si potrebbe rivelare più delicata di quanto il presidente del consiglio avesse previsto. Anche perché 20 senatori Pd hanno sottoscritto una lettera aperta che contesta l'operato del governo: "riteniamo che il disegno di legge sulle banche debba essere modificato in più punti... Lo svolgimento dei lavori, al di là del calendario ufficiale, fa temere una dilatazione dei tempi tale da consegnare al senato un ddl non più modificabile. Lo diciamo subito, a futura memoria: una gestione dei lavori parlamentari di questo tipo non può essere accettata, specialmente ove Montecitorio non apportasse le modifiche che si rendono necessarie anche in ottemperanza del dettato costituzionale in tema di cooperazione".
A guidare la rivolta è appunto il signorno Lodovico Sonego, vera spina nel fianco del presidente della Regione Friuli, Debora Serracchiani, compagna di partito ma componente il cerchio magico renziano (è vicesegretaria Pd). Sonego non gliene fa passare liscia nessuna, una spina nel fianco spesso dolorosa. Questa volta ha alzato il tiro contro Renzi perché questa legge sulle banche coop, che sono 360 e un allettante bacino elettorale, proprio non gli va giù: "Una settantina di Bcc è oggi in difficoltà e avendo tutte le Bcc nella propria ragione sociale lo stesso marchio, sarebbe esiziale per la reputazione dell'intero credito cooperativo il "fallimento" di qualcuna di esse, non risolto, com'è avvenuto finora, dal credito cooperativo stesso. L'errore consiste nel prevedere il diritto di uscire dal credito cooperativo per esempio con la trasformazione in SpA. Ma si tratta di un grave sbaglio consentire la trasformazione della Bcc in SpA. In tal modo si darebbe ai soci attuali il pieno possesso di riserve, che costituiscono in media il 90% del patrimonio delle Bcc e che sono state accumulate dalle precedenti generazioni in esenzione d'imposta per la precisa finalità di esercitare lo scambio mutualistico nell'attività creditizia".
Le critiche non finiscono qui (vedi il sito www.ludovicosonego.it ) e la conclusione di Sonego e dei suoi 20 colleghi è lapidaria: "Una tale combinazione di errori e di lacune può risultare fatale al sistema bancario cooperativo con gravi ricadute sull'intero sistema del credito. Sarebbe un peccato. Chiediamo dunque di operare in modo tale da scongiurare esiti inaccettabili".
Renzi è avvisato. Gli altri dissenzienti sono Massimo Mucchetti, Felice Casson, Paolo Corsini, Erica D'Adda, Nerina Dirindin, Federico Fornaro, Maria Grazia Gatti, Miguel Gotor, Mauro Guerra, Paolo Guerrieri Paleotti, Silvio Lai, Sergio Lo Giudice, Doris Lo Moro, Patrizia Manassero, Claudio Micheloni, Maurizio Migliavacca, Carlo Pegorer, Lucrezia Ricchiuti, Walter Tocci.
Tutti insieme appassionatamente contro la legge sulle banche coop, pronti a non votarla se non sarà cambiata.
Che in particolare Sonego faccia sul serio lo sa la Serracchiani, che proprio non ha feeling con lui. Recentemente la presidente ha capeggiato una delegazione regionale in Iran e ha indossato il velo, apriti cielo, Sonego ha emesso un comunicato al fulmicotone: "Ho sempre considerato un errore la prassi del capo coperto, anche in occasione di visite al Sommo Pontefice. Si tratta di una ostentazione della sottomissione della donna e della negazione dell'uguaglianza rispetto all'uomo. Ciò è tanto più
Inaccettabile da parte di chi ricopre una rilevante carica istituzionale ed esercita un'importante funzione di leadership politica nazionale".
Il fatto è, ha ribattuto la Serrachiani, che in Iran senza velo non si entra. Lui però ha aperto un altro fronte, nessun accordo col Veneto per modificare i confini regionali, accettando il passaggio del comune di Sappada e di altri comuni veneti: "sono contrario alla proposta della Serracchiani di accogliere questi comuni. A Roma e in Italia dicono che si vuole entrare in Friuli Venezia Giulia perché ci sono privilegi e allora avanti la canea contro le Regioni speciali. In pratica si tenta di rilanciare
il disegno di legge Morassut sulle macroregioni, profondamente sbagliato. Vorrei rammentare che Trento e Bolzano che sono consapevoli di questo contesto e più accorti che da noi hanno sempre rifiutato di accettare Comuni veneti".
Insomma, i muri possono essere non solo europei ma anche tra noi. Oltre che sui temi specifici, un j'accuse contro il presidente della Regione è lanciato pure per la sua fedeltà a Matteo Renzi e di conseguenza la difesa del suo operato, per esempio sul rifiuto di anticipare il congresso Pd: "Chi come la Serracchiani - dice Sonego- riveste una rilevante carica istituzionale dalla quale è sempre difficile, se non impossibile, dissociarsi quando parla da vicesegretario di partito dovrebbe saper mantenere un profilo più appropriato. Non si è ancora resa conto che in questo modo danneggia la Regione Friuli Venezia Giulia, che è di tutti i suoi cittadini e di tutte le sue imprese senza distinzione di colore politico, perché trascina la sua funzione istituzionale nella contesa partitica che per definizione divide e suscita contrasti.
Dovrebbe concentrarsi un po' più sulla funzione di governo e farsi ossessionare un po' meno dalla televisione a Roma".
Da convinto bersaniano dice: "sono totalmente contrario al partito della nazione" però su un punto sta combattendo una sua personale e non propriamente popolare battaglia: reclama il vitalizio regionale. "Il mio reddito da parlamentare -dice- è di 4.800 euro netti per dodici mesi. Non sono pochi, ma non sono tutti quei soldi di cui si favoleggia. Confermo che ho chiesto che mi venga assegnato il vitalizio per quando sono stato assessore regionale (che non potrà essere pagato fintanto che sono in senato) perché ho i requisiti previsti dalla legge. Non è popolare chiedere il vitalizio ma io ho servito la Regione per tanti anni e mi spetta".
La Serracchiani però ritiene il contrario e ha detto no. Se la vedranno (anche) in tribunale.
22.03.2016