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C'è un nuovo nome da mettere nella lista delle persona da seguire: Steven Knight.
Il suddetto, oltre ad aver ideato un giochino da niente come Chi vuol essere milionario? ha saputo stupire tutti a Venezia con uno dei film più emozionanti e ben girati del festival, quel certo Locke che si spera arrivi prima o poi nelle nostre sale.
Nel suo passato, tante sceneggiature (tra cui Piccoli affari sporchi, di prossimo recupero, e Redemption, da poco nelle sale). Ma Steven ha avuto il tempo anche di scrivere e produrre una serie che è qualcosa di meraviglioso: Peaky Blinders, mandato in onda dalla BBC Two e ambientato negli anni del primo dopoguerra.
Il telefilm (già rinnovato per una seconda stagione) riesce non solo a tratteggiare bene i traumi dei sopravvissuti alla campagna di Francia, ma anche a delineare gli scontri tra bande e le vite malavitose come oltreoceano ha saputo fare Martin Scorsese con Boardwalk Empire.
In questo caso, il fattore in più è sicuramente dato dalla produzione british, che ha quel qualcosa di unico che si condensa in soli 6 episodi, e il fatto che, al posto della simpatica e segnata faccia di Steve Buscemi, abbiamo quel bel faccino inquieto di Cillian Murphy. L'attore è perfetto nei panni di Thomas Shelby che, per le sue capacità, supera il fratello maggiore nella gestione degli affari di famiglia e grazie ai suoi piani machiavellici cerca di allargarne il territorio. Tormentato però dagli incubi e non così irremovibile al fascino femminile, si troverà a far fronte alla bella cameriera assunta nel suo pub, che è però una spia mandata dal nuovo ispettore di polizia, Campbell (il roccioso Sam Neill), arrivato appositamente dai tumulti di Belfast per rintracciare una partita di armi rubata per il quale c'è lo zampino degli Shelby, ovviamente.
I problemi non sono solo questi, e tra crisi amorose, proclami bolscevichi e gare truccate, la vita a Birminghan è parecchio movimentata.
Quello che comunque fa la vera differenza, e innalza Peaky Blinders, è la sua realizzazione. Al di là del sapiente uso del montaggio, a lasciare letteralmente a bocca aperta è la fotografia: bella da far venire i brividi, con scene che rasentano la perfezione per la loro costruzione geniale e unica. Dulcis in fundo, e non per questo da sottovalutare, una colonna sonora orgasmica che in barba alla filologia utilizza brani moderni che vanno da Nick Cave ai The White Stripes, passando per Tom Waits.
Un mix di accecante bellezza!
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