Pecore in erba
di Luigi Caviglia
Davide Giordano, Anna Ferruzzo, Bianca Nappi
Italia, 2015
genere, commedia, drammatico
durata, 87'

Per quanto sia riduttivo cercare di spiegare il
lavoro di un regista facendo riferimento ad opere e autori che lo hanno
preceduto, è impossibile non pensare, durante la visione di "Pecore in
erba", a un precedente illustre come quello realizzato da Woody Allen
nel 1983, che in "Zelig" raccontava le avventure del suo personaggio
come se questi fosse realmente esistito e vissuto all'epoca dei fatti in
cui si svolge la vicenda. Di quel film, "Pecora in erba" eredità non
solo l'utilizzo di una forma filmica, il
mockumentary, che nel
frattempo ha assunto lo status di genere cinematografico e una
frequentazione che in Italia ha prodotto un gioiello come "Il mundial
dimenticato" di Lorenzo Garzella e Filippo Macelloni, ma anche, e
diremmo soprattutto, l'idea di un cinema che si fa beffa della verità,
attraverso il primato di una realtà caotica e indecifrabile. Ricordiamo
inoltre che Allen, raccontando la storia di un uomo dalla mille
personalità, trasportava sul piano dei contenuti l'essenza stessa di una
pratica produttiva in cui confluivano estetiche e formati tra i più
disparati. Esattamente quello che succede nel film di Alberto Caviglia,
il quale, mettendo in scena la ricostruzione di una doppia indagine -
quella per cercare di ricostruire l'identità di Leonardo Zuliani (quasi
omonimo del Leonard Zelig alleniano), misteriosamente scomparso e
l'altra, inserita tra le righe, che scava nelle ragioni della rinnovata
ondata di antisemitismo presente in varie regioni del mondo - da vita ad
un film che, alla pari dei vari Maccio Capotonda (Italiano Medio) e
Enrico Lando (I soliti idioti), ricicla con divertente fantasia
quell'estetica
newbrow alla quale oggi, viene fatto risalire il
melting pot di
cultura popolare, che pesca tanto dal cinema quanto dalla tv, e poi
ancora dal fumetto e, in questo caso, addirittura dal fotoromanzo,
presente negli inserti in cui la narrazione procede attraverso la
giustapposizione in serie di scatti che contribuiscono a raccontare il
passato del fantomatico personaggio.

Partendo dal paradosso di
giustificare l'avversione contro gli ebrei, manifestata dalle azioni di
Leonardo che ad un certo punto subisce suo malgrado il contrappasso di
una persecuzione uguale e contraria a quella che lui vorrebbe applicare
ai suoi presupposti nemici, Caviglia ne approfitta per mettere in scena
un gioco delle parti simile a quello a cui assistiamo ogni giorno
attraverso l'informazione del chiacchiericcio mediatico. E siccome si
tratta un film come "Pecora in erba", in cui la finzione risulta essere
più vera della realtà, capita anche che a far parte del teatrino
partecipino nella parte di se stessi, figure di riferimento del panorama
civile e culturale, come Corrado Augias, Giancarlo De Cataldo, Carlo
Freccero e molti altri, che si prestano al tono satirico e grottesco
adottato dal regista. Ad emergere in maniera neanche troppo velata, è
uno scenario umano, sociale e politico incoerente e irrazionale, in cui
la massa, pressochè incosciente e quindi pronta ad adottare passivamente
le ragioni del leader di turno (a proposito del trasformismo di cui
accennavamo all'inizio), altro non è che un fucile puntato sul
malcapitato di turno. Le scene divertenti non si contano come anche i
motivi su cui riflettere; la cosa buona, è che Caviglia riesce a tenere
duro, rimanendo alla larga dalle derive della commedia italiana più
diffusa. Peccato però, che il film non abbia voglia di durare un pò di
meno, rinunciando a quei pregi che normalmente si accompagnano al dono
della sintesi. Qualcosa si perde, soprattutto in termini di sorpresa di
un meccanismo che ad un certo punto diventa sin troppo scoperto e quindi
prevedibile. Davide Giordano che di "Pecore in erba" incarna sia il
concetto del film che il suo personaggio, è perfetto
nell'interpretazione di un uomo che non c'è.
(pubblicata su ondacinema.it)