Magazine Diario personale

Peer review Open Access per aprire il sistema

Da Icalamari @frperinelli
(Non è una pear review)

(Non è una pear review)

Tra poco si vota. Che sconforto.

- Hey, ma è quasi primavera, guarda che sole. Un po’ di ottimismo.

- Dici? Ma se l’inverno non si è ancora fatto sentire. Ci arriverà una mazzata tra capo e collo.

- Io sono un demone e me ne fotto. Ho qui l’abbronzante alla carota e lo specchio solare. Vado a prendere il sole in balcone, ciaooo!

- Vai, vai pure, demone deficiente.

Io al sole ci andrò dopo. Intanto abbiamo bisogno urgente di soluzioni. Per dirne una, abbiamo bisogno della ricerca scientifica, oggi più che mai. Ci serve, è indispensabile per migliorare ulteriormente le condizioni di vita nostre e del pianeta.

La ricerca la fanno, guarda un po’, i ricercatori.

 

Un bravo ricercatore ha bisogno di molti soldi: prima per studiare, in seguito per restare o entrare in un’istituzione qualificata che sostenga i suoi studi, infine perché i risultati di questi ultimi vengano verificate da referee non pagati. È il meccanismo della “Peer review” o revisione tra pari, adottato dal mondo scientifico per stabilire la bontà di una ricerca ed esibirla all’interno di una rivista alla quale l’istituzione del ricercatore sia abbonata (a caro prezzo).

 

Per questo è importante che anche la società civile promuova iniziative come quelle di Dibattito Scienza. Senza timore, nel maneggiare la materia, di restare “colorati” politicamente in un modo o in un altro. È importante che la politica, alla quale per causa o merito della crisi (stando alla vivacità della rete in quest’ultimo periodo preelettorale) sembra che la società civile stia pur confusamente facendo ritorno, ne riconosca l’importanza e accetti di sporcarcisi le mani.

 

È importante pure che si sia arrivati in vista di un traguardo fortemente voluto dai membri più svegli della comunità scientifica internazionale (va riconosciuto il ruolo di apripista dei francesi, in testa il matematico Jean-Pierre Demailly dell’Università di Grenoble), decidendo di non accettare più che i “gruppi editoriali, pretendono dalle istituzioni cifre esorbitanti per l’accesso ad articoli in gran parte realizzati dai dipendenti di quelle stesse istituzioni” e impegnandosi nella realizzazione di Episciences Project (il sito http://episciences.org/archivio multimediale di riviste scientifiche finalmente open access” sarà fruibile da Aprile 2013), un progetto di peer reviewing open access che permetterà di “sfruttare una piattaforma pubblica già esistente, arXiv, per sviluppare un processo di revisione interamente gestito dai suoi fruitori. “Senza altre spese“”.

(Non è una pear review)

(Neanche questa è una pear review)

C’è crisi –ovviamente- anche nel mondo editoriale in genere. Sto entrandoci in contatto in questi giorni da dietro le quinte, per lavoro (non quindi per le mie criticabili attività di blogger), e sembrerebbe imboccata una strada senza ritorno.

Come per ogni cosa, le situazioni ristagnano se le premesse non vengono messe in discussione e, in questo senso, il nostro modello politico e societario ricorda lo stato di equilibrio termodinamico (Un sistema chiuso e isolato raggiunge sempre nel tempo uno stato di equilibrio, da cui non si scosta mai spontaneamente ma solo dietro l’azione di cause esterne) che si realizza in laboratorio a prezzo di una discreta forzatura delle condizioni reali.

Bizzarrie della condizione umana.

Però, accettando di forzare il nostro “sistema chiuso”, di fare ricorso a “cause esterne”, in particolare al contributo umano, spontaneo ma organizzato, di una comunità di studiosi dalla mentalità evoluta, possiamo iniziare a ben sperare. E, chissà, replicare l’esperienza in altri campi.

- Maledetti specchi ustori. Sono pieno di bolle.

- Lo diceva Archimede: Non esporsi dopo le undici del mattino.

- Ah sì, c’era da leggere le istruzioni?

- Demone mio, chi non legge si fa male. Vieni qui che ti spalmo il doposole.

 


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