«Dal 1989 abito a Pennabilli, il paese dove mio padre portava frutta e verdura, prima con i cavalli poi con un piccolo camion che tornando a Santarcargelo riempiva di carbone e legna». Scriveva così, nella sua autobiografia, Tonino Guerra; poeta e narratore, sceneggiatore di alcune tra le più note pellicole di De Sica, Monicelli, Rosi, Fellini, i fratelli Taviani, Antonioni. Soprattutto, poliedrica icona della sua Romagna: una terra mai del tutto abbandonata e definitivamente riabbracciata nell’ultimo scorcio della sua esistenza. A Pennabilli, delizioso borgo dell’entroterra riminese, il geniale autore del film premio Oscar Amarcord ha regalato originalissime installazioni, insoliti giardini-museo e mostre permanenti ribattezzate i Luoghi dell’anima. Tra questi, la bellissima Strada delle meridiane e il Giardino pietrificato. Come se non bastasse il prestigio del compianto cittadino onorario Tonino Guerra, il paesino è balzato agli onori della cronaca anche per un altro motivo: Pennabilli e la sua valle farebbero da sfondo ad uno dei dipinti più celebri al mondo, la Gioconda. Ad affermarlo, recentemente, Rosetta Borchia e Olivia Nesci, rispettivamente pittrice e docente di Geomorfologia all’Università di Urbino; dopo anni di minuziose ricerche, le due “cacciatrici di paesaggi” hanno pubblicato un atlante, presentato a Parigi, sui luoghi nascosti della pittura vinciana. Una scoperta, confortata da innumerevoli notizie storiche sul passaggio di Leonardo da Vinci da Rimini e dalla Valmarecchia, che non lascerebbe spazio a dubbi e che porterebbe il piccolo comune collinare al centro dell’attenzione del turismo romagnolo.
E proprio a Monna Lisa – per l’occasione ritratta sui manifesti con un naso da clown – è stata dedicata con geniale intuizione l’edizione 2013 di Artisti in Piazza – Festival Internazionale dell’Arte in Strada. Una manifestazione, andata in scena nei giorni scorsi a Pennabilli, che ha richiamato nella cittadina, in un weekend, oltre quarantamila spettatori, attirati dalla presenza dei sessantaquattro gruppi provenienti da tutto il mondo: dalla Nuova Zelanda alla Mongolia, dal Burkina Faso all’Argentina. E dall’incredibile varietà di buskers o buscatori, per intendere, in dialetto romagnolo, coloro che si buscano la pagnotta: cantanti, musicisti, teatranti, circensi, comici, mimi. Una serie infinita di esibizioni, dislocate su ventiquattro diversi angoli del paese, che colpisce per la calendarizzazione frenetica, la continua rotazione degli artisti ed il surreale, rutilante, spettacolo di suoni e colori: così ci si ferma, quasi incantati, ad ascoltare le fiabesche suggestioni musicali de La dolce vita felliniana, intonate dal cantastorie Marco Sforza, mentre a pochi metri, in una piazzola, un acrobata inscena una performance circense con bambù ed un cane mutante, ricostruito su una motoretta, sputa fuoco sugli spettatori.
Una festa che ha il pregio di coinvolgere i bambini, estasiati dal clown muto Gregor Wollny; basta una valigia di cartone e semplici oggetti, la straordinaria mimica facciale del tedesco, e la capacità di creare, con un semplice metro rigido, la forma di un animale o di una farfalla. Quasi a voler ribadire l’abilità, talvolta magica, di far divertire il pubblico con poco, riportando la fantasia al centro dell’arte; la stessa fantasia che permette a Paolo Sgallini di inventarsi “One Man Band”, con una chitarra in mano, una armonica a bocca, e dei lacci, collegati alle scarpe, ad azionare le bacchette di una mini-batteria posta sulle spalle, in un delicatissimo gioco di coordinazione. E una azzeccata scelta della location degli spettacoli: così, allontanandosi dalla folla della piazza centrale e percorrendo il Roccione, suggestivo vialetto di pietra con vista panoramica sulla vallata, si arriva al buio del Sasso d’Orlando, luogo di esibizione dei Sedaa, gruppo musicale “virtuoso”. Pochissimi spettatori in religioso silenzio, rapido sguardo ai variopinti costumi del quartetto, a strumenti musicali mai visti, e va in scena una mezzora di ballate suadenti e ipnotici suoni della tradizione mongola, che ricordano gli alberi, il vento, i cavalli al galoppo. Un’atmosfera magica che riporta l’attenzione alla vallata sottostante; un luogo che ha stregato, forse, anche Leonardo da Vinci.