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Pensami leggero

Creato il 11 aprile 2014 da Eva Guidi

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Ultimamente ho molto tempo per pensare, forse troppo, anzi togliamo pure il forse; da quando mi sono laureata proprio questo continuo elaborare, analizzare, ricercare ed operare di autoconvincimento mi hanno portato alla deriva, in uno stato d’inconsapevole isolamento e manipolazione. La chiamano crisi della crescita, quel momento in cui si esce dai binari prestabiliti, su cui abbiamo percorso la nostra strada sino ad ora, per buttarsi nel baratro dell’incertezza, alla ricerca di un futuro ignoto che decisamente ci spaventa. Ti fermi e pensi a te stesso, ti fai il classico esame di coscienza, una valutazione di ciò che sei riuscito a combinare in tutto questo tempo: Eva, 24 anni, molti anni di studio alle spalle coronati da un percorso di laurea ai limiti dell’inutilità, tanti sogni nel cassetto di cui però ho perso la chiave, inghiottita da quasi un anno di debolezza e buio, pillolette bicolori e realtà in bianco e nero. Certo non rinnego ciò che ho scritto pochi giorni fa, tutta quella storia di Evasole, ve la ricordate? Sto bene, sorrido, ho anche iniziato a camminare e correre dopo mesi di inespugnabile immobilità, ma ciò non toglie che il mio essere sia completamente ricoperto di cicatrici, abrasioni, lividi in via di guarigione; ogni tanto qualche piccola ferita si riapre, sento quel bruciore famigliare che ormai non fa più paura. Sono una ragazza forte, con cui la vita non è stata particolarmente generosa; era praticamente impossibile non farsi male e la fuga non è un comportamento che mi si addice. Questo non vuol dire che io sia stata il bersaglio fin troppo facile di una sfiga inesauribile, c’è chi sta meglio, ma c’è anche chi sta come me se non peggio. Una cosa devo però rimproverarmi, l’idea, troppo solida, di riuscire sempre e comunque a cavarmela da sola: non sono Wonderwoman e a questo punto avrei anche dovuto capirlo, invece continuo ad essere una persona refrattaria nei confronti di quella parte del mondo che vorrebbe solo darmi una mano. Colpevoli le tante delusioni e la superficialità che ancora mi circonda ma è solo colpa mia se non sono in grado di scegliere chi avere accanto, no?

Ho letto due libri in questi giorni, colmi di sofferenze ai margini della sopportazione, squilibri e percorsi di vita ingiusti, ma, aldilà di tutto, il filo d’Arianna che realmente ha catturato la mia attenzione è stato uno: in entrambi i romanzi, i personaggi superano i loro limiti grazie a

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qualcuno, una persona in grado di concedere il proprio universo per la felicità altrui. John Green in “Colpa delle stelle” scrive proprio “Non puoi scegliere di essere ferito in questo mondo, ma hai qualche possibilità di scegliere da chi farti ferire”, mentre Matthew Quick, ne “Il lato positivo”, parla di un giovane uomo convinto di vivere in un film, da cui sarà in grado di staccarsi solo grazie all’aiuto della propria versione al femminile “Fa male guardare le nuvole, però aiuta: come gran parte delle cose che provocano dolore”.

Insomma ho preso coscienza del fatto che il primo passo verso la serenità e l’equilibrio sia riscoprire se stessi ed il proprio valore, ma siamo, senza nessuna esclusione, esseri viventi che amano l’amore, che non possono fare a meno di cercarsi l’un l’altro, la propria metà platonica, per cui sta a noi aprirci al mondo e lasciarsi incantare, catturare ed infine guarire.



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