«Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis / E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14).
<<Quel che Giovanni, chiama in greco “ho logos” – tradotto in latino “Verbum” e in italiano “il Verbo” – significa anche “il Senso”. Quindi potremmo intendere l’espressione di Giovanni così: il “Senso eterno” del mondo si è fatto tangibile ai nostri sensi e alla nostra intelligenza: ora possiamo toccarlo e contemplarlo (cfr 1Gv 1,1). Il “Senso” che si è fatto carne non è semplicemente un’idea generale insita nel mondo; è una “Parola” rivolta a noi. Il Logos ci conosce, ci chiama, ci guida. Non è una legge universale, in seno alla quale noi svolgiamo poi qualche ruolo, ma è una Persona che si interessa di ogni singola persona: è il Figlio del Dio vivo, che si è fatto uomo a Betlemme>>. BENEDETTO XVI – UDIENZA GENERALE – Mercoledì, 17 dicembre 2008
Come ha detto, tra gli altri, uno studioso e pensatore intelligente come Frithjof Schuon si può affermare che una delle differenze fondamentali tra il cristianesimo e l’islam consiste nel fatto che il primo pone al centro della sua dottrina una persona mentre per il musulmani quello che conta è la rivelazione ricevuta da Muhammad il cui valore sta nel fatto di manifestare la verità assoluta e definitiva dell’insegnamento divino. L’uomo-dio incarnato è in qualche modo, in quanto mediatore, qualcuno con cui si può dialogare , dià logos (“attraverso” “discorso”) è il discorso che attraversa i nostri rapporti tra persone che si rivolgono al trascendente oppure, per chi non crede, è il dialogo razionale che cerca di comprendere (Verstehen) e non soltanto spiegare (Erklären) il mondo. Il cristianesimo istituzionalizzato e la fede farisaica hanno dimenticato il “sacro”, hanno dimenticato che la natura si interroga su se stessa mediante la nostra capacità di “ascoltare” ciò che ci circonda; l’islam a sua volta, ad esclusione dell’esoterismo dei Sufi, ha sempre più insistito nel ritenere che la shari’a in quanto “Legge di Dio” rimane sconosciuta agli uomini ai quali resta soltanto la possibilità di coltivare il Fiqh (la giurisprudenza coranica) definita da Ibn Khaldun come la
<<conoscenza dei comandamenti di Dio che concernono le azioni, qualificate come wājib (obbligatorie), ḥarām (vietate), mandūb (raccomandate), makrūḥ (disapprovate) o mubāḥ (indifferenti)>>.
Certo l’islam è fortemente diviso tra sunniti e sciiti che al loro interno a loro volta sono organizzati in varie scuole di pensiero e che devono confrontarsi con gruppi “eretici” e “scismatici” – spesso fondamentalisti e ultratradizionalisti – però se l’Iman (fede) è diventata Tawhid (“dio è uno e unico”) l’Islam si è ridotto a Fiqh che si oppone allo Ius dell’occidente nello spazio comune di un nomos che si prolunga in lotta politica e militare (Jihad). Il “bene” e il “perfezionamento” (Ihsan) come in qualsiasi movimento religioso o chiesa riguardano solo una piccola minoranza ovverosia i seguaci del sufismo e altre piccole minoranze mistiche e devozionali contemplative. In conclusione come nella Chiesa cattolica abbiamo assistito alle dimissioni dell’”ultimo papa”, Benedetto XVI (alias Pietro II il Romano secondo la nota “profezia”), così nel mondo islamico si è ripresentata, nella forma di un ultima e rinnovata grande ideologia comunitarista e tradizionalista, la figura messianica del Califfo, khalīfa, del «vicario, reggente, facente funzione, successore» del profeta Muhammad con il compito di proporsi quale guida politica e spirituale della comunità islamica universale (al-Umma al-islāmiyya). In conclusione la funzione delle religioni in questo momento della storia universale sembra proprio quella di sollevare un poderoso nebbione ideologico che, alimentando fideismi, reazioni laiciste e paure, renda più facile utilizzare il cosiddetto “terrorismo fondamentalista” e le pulsioni etnico-identitarie delle masse di grandi paesi, in funzione del conflitto multipolare, nel contesto della crisi strutturale globale che stiamo attraversando.
Mauro Tozzato 24.12.2015