Pensieri e parole ai tempi della crisi, così cambiano linguaggio e comportamenti degli italiani grazie alla Rete

Creato il 20 luglio 2011 da David Incamicia @FuoriOndaBlog

Ilvo Diamanti, a commento di un recente sondaggio realizzato da Demos/Coop sul nuovo linguaggio degli italiani e pubblicato da Repubblica, rileva le profonde trasformazioni che stanno investendo la nostra società ma senza cedere a facili trionfalismi e a scontate illusioni. E' vero, stiamo mutando il nostro approccio rispetto al presente e pure la nostra visione del futuro, attraverso i comportamenti concreti e trasformando il lessico di uso comune. Tuttavia, non si tratterebbe di un fenomeno inedito e completamente nuovo, ma di una sorta di "déjà vu". Il successo attribuito a fattori quali "Internet", ma soprattutto alle categorie di "Bene comune", di "Solidarietà", di "Energia pulita", di "Partecipazione" altro non sarebbero che il ritorno dei tradizionali "buoni sentimenti" della stirpe italica. Che a ben vedere, tutti dichiarano ma ancora pochi "impavidi irregolari" praticano: coloro che hanno ben pochi privilegi da conservare e tanta, tantissima voglia di navigare nel mare aperto del cambiamento.
Demos/Coop elabora la graduatoria dei "nuovi termini" in base alle opinioni di un campione rappresentativo della popolazione. E come è noto, uno stesso concetto cambia repentinamente di valore e di gradimento nell'opinione pubblica. Si pensi proprio all'esempio del "Bene comune", divenuto quasi il manifesto della rivoluzione sociale - ed elettorale - della straordinaria Primavera italiana del 2011 ma ben riposto nel dimenticatoio degli urticanti luoghi comuni fino a poco tempo prima.
"Fare del bene" dovrebbe essere una formula intima e riservata per definizione, da attuare senza dichiarazioni preventive, tanto più se "comune" ossia riguardante la sfera pubblica e l'interesse generale di una comunità. E se oggi pare che il rapporto fra singolo e collettività sia daccapo indirizzato su tale sentiero virtuoso, in un passato nemmeno tanto remoto avveniva esattamente l'opposto, col predominio di altri (dis)valori: "Edonismo", "Astuzia", "Cesarismo", "Localismo". In una efficace e datata espressione, il trionfo del "familismo amorale", quella sorta di mescolanza perversa fra cinismo esasperato e rozzo egoismo che spingeva gli individui "perbene" a una condizione semiclandestina.
Parole come "Civismo", "Regole", "Rispetto", "Etica" non godevano solo lo scorso anno dell'odierna ritrovata popolarità. Il dizionario aggiornato a questa estate del linguaggio degli italiani, infatti, pur con ogni opportuna cautela circa gli effetti pratici sulla vita di tutti i giorni, dice che il clima culturale è comunque cambiato. E che il "Bene comune" non è più qualcosa che va fatto privatamente e senza ostentazione. Lo stesso vale per la "Solidarietà". Anzi, tali termini e modelli rappresentano oggi una "medaglia d'onore" nell'esistenza delle persone.
Spostando l'attenzione su un altro concetto tornato in auge quest'anno, quello di "Unità nazionale", si ha la conferma di come il ricorso spiccio e in apparenza comodo agli schemi propagandistici (la retorica della "Divisione" ne è esempio lampante) sia stato sconfitto all'interno della società. La "Padania" cede così il passo alle celebrazioni del "150° dell'Unità nazionale" e diviene marginale nel lessico popolare corrente. Senza futuro, insomma, grazie a una ritrovata consapevolezza di massa nel presente. Come senza futuro, dalle risposte fornite dagli intervistati, risultano parole quali "Partiti", "Veline" e "Berlusconi".
Naturalmente, come ci ricorda Diamanti, anche in questo caso occorre prudenza. Perché non sempre l'impopolarità delle parole corrisponde a conseguenti comportamenti pratici. E può ancora accadere che le Veline e le altre varianti di graziose figliuole in bella mostra in Tv continuino a registrare l'apprezzamento del pubblico. Allo stesso modo il presidente del consiglio, da tempo in evidente crollo di consensi nell'elettorato, può recuperare posizioni per la combinazione di due sentimenti assai frequenti nella gente: "Indulgenza" ed "Invidia".
Fatto sta che negli ultimi dodici mesi la gerarchia delle "parole da dire" in pubblico e nei rapporti sociali è radicalmente cambiata. Proprio il nome "Berlusconi" è sceso in fondo alla classifica del linguaggio comune, la più inopportuna fra le parole inopportune. Che conviene pronunciare solo in contesti amici. Analoga sorte per altri termini di largo uso fino a poco tempo addietro: "Apparire", "Individualismo", "Furbizia". Perfino il "Federalismo", a lungo parola "emergente" e con un grande futuro davanti, si è consunto in breve tempo.
Insomma, piaccia o non piaccia, il linguaggio a lungo dominante del berlusconismo e del leghismo sta segnando il passo. Parallelamente, si diffonde un lessico "mite", fondato sulla ricerca della "Qualità della vita" e dell'"Ambiente", sull'"Impegno" in favore del "Prossimo", sul riconoscimento del "Merito" e delle "Competenze" invece che delle "Appartenenze", sulla crescente domanda di "Cambiamento" espressa dalla diffusa e pacifica "Ribellione civile" dei "Giovani" e delle "Donne".
Del resto, è interessante osservare il contemporaneo mutamento dei modelli e degli strumenti di comunicazione sociale. Innanzitutto attraverso l'ascesa irresistibile della Rete e il declino altrettanto fortissimo della Televisione. Tanto che il nuovo linguaggio degli italiani finisce per risentirne positivamente, specialmente a livello di abitudini economiche e finanziarie. Aumenta, infatti, la tendenza alla "Sobrietà nei consumi", al "Risparmio energetico e delle risorse ambientali". Ed al Pil si affianca il "Bil", cioè la richiesta di subordinare la convenienza di un "Prodotto" dal punto di vista quantitativo all'esigenza di salvaguardare il "Benessere" (qualità della vita) del cittadino/utente/consumatore.
Tra gli attori istituzionali, invece, spicca la perdita di rilievo della "Chiesa", ormai confinata ai margini della "bussola etica e sociale" del nostro Paese e non più considerata come un riferimento imprescindibile. D'altro canto, si conferma l'importanza universale del presidente della repubblica "Napolitano". Il suo ruolo, visto come unitario e trasversale, è esattamente rovesciato rispetto a quello di Berlusconi, ormai percepito marginale e di frattura.
Quanto ai temi della bioetica e dei diritti civili, pure in questo caso espressioni come "Testamento biologico" o "Cittadinanza agli immigrati" fanno registrare un atteggiamento pressochè positivo nella società. E pur se i dati sono influenzati dalle simpatie politiche degli intervistati (tendenzialmente a destra i termini divenuti impopolari e tendenzialmente a sinistra quelli divenuti popolari) la politica ufficiale non deve illudersi di poterli interpretare ricorrendo alle vecchie categorie e ai tradizionali steccati del secolo scorso. Tradotto, non è automatico per la sinistra vincere le elezioni solo perchè chi ricorre maggiormente ai nuovi termini apprezzati nella società appare più orientato verso quei valori. La voglia di cambiamento della gente è trasversale, non è nè rossa nè nera: è "Arancione". O "Tricolore" se si preferisce. Per i cittadini, in ultima analisi, non conta più che il politico che pronuncia le parole a loro gradite sia ideologicamente collocato, conta invece che sia in grado di "dirle" traducendole in scelte coerenti e credibili, diversamente che in passato. E' la "Militanza" che si svuota di significato e viene soppiantata dalla "Misticanza", certamente più stimolante sul piano del confronto sociale e dell'analisi culturale.
Se si analizzano i dati appena diffusi dal 9° Rapporto Censis sulla comunicazione, si trovano numerose conferme al mutato quadro sociale italiano. Nell'anno in corso, ad esempio, l'utenza di Internet ha finalmente superato la soglia del 50% della popolazione totale, crescendo di oltre 6 punti rispetto al 2009. Cosa significa, in concreto? Che la nostra società viene sempre più mossa dall'iniziativa dei giovani, i più attivi fuori e dentro la Rete, a dispetto delle croniche difficoltà di prospettiva economica e occupazionale. Un nuovo linguaggio, in pratica, può affermarsi nel tessuto sociale solo se supportato dall'azione costante di diffusione delle nuove generazioni, maggiormente aperte alle innovazioni oltre che più istruite e duttili di altri segmenti.
Perfino nel mondo dell'informazione, rigido e immobile per definizione, l'antica centralità dei telegiornali sta cedendo grazie ai giovani spazi sempre più ampi ai nuovi media sociali e alle piattaforme all-news. Giovani che trainano pure il settore delle moderne comunicazioni, con il dato totale delle utenze telefoniche (con annessi "gingilli" vari ipertecnologici) più che raddoppiato nell'ultimo anno nonostante la crisi economica che ha fortemente pregiudicato i consumi.
Questa maggiore possibilità di informarsi e di relazionarsi (di fare "Rete", appunto) aumenta di pari passo la capacità critica dei cittadini rispetto all'informazione in generale. Il dato più eclatante, in tale ottica, è quello riguardante il giudizio sui giornalisti dei mezzi di informazione ufficiali (televisioni e carta stampata), considerati da quasi la metà della popolazione come poco affidabili e poco indipendenti. Decisamente migliore la reputazione delle radio e, soprattutto, del web, ritenuto più autonomo e disinteressato. E noi che lo percorriamo quotidianamente, alla ricerca del senso più profondo del nostro rapporto con la vita e con gli altri, non possiamo che andarne fieri.

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :