Camminando da sola verso il cimitero, laggiù fuori dal paese (come è d’uso dai tempi di Napoleone), ho tanto tempo per pensare, per ricordare, per cercare una consolazione.
In questi giorni, dedicati al ricordo dei nostri cari che non sono più, la strada è insolitamente animata e anche il cimitero, punteggiato di fiori gialli (ma perché tanti fiori gialli?), lo è: c’è tanta gente che cammina tra le tombe, si sofferma per una preghiera, incontra persone che non vedeva da tempo e si ferma per quattro chiacchiere che distraggono dal raccoglimento e dal silenzio.
Io vado un po’ di fretta, non amo molto fermarmi a parlare anche se comprendo che è naturale esorcizzare così il dolore, la malinconia, il timore reverenziale che questo luogo incute ai vivi.
Preferisco perdermi nei miei pensieri, preferisco il mio dialogo muto con chi amo e non è più visibilmente accanto a me, anche se è sempre accanto a me.
E poi attraverso il cancello e mi incammino con una sorta di sollievo vero il paese e nella mente si affollano ricordi e parole e suoni mai dimenticati e pensieri dolorosamente dolci e, mentre cammino come sempre a passo svelto, la vita di tutti i giorni mi balza incontro e mi afferra e mi trascina nel suo vortice.