Pensieri rasoterra:“Democratite” made in USA.L’orgoglio i...

Creato il 14 novembre 2013 da Lostilelibero
L’orgoglio italico talvolta sbuffa e fa notizia. Non si lasciano sfuggire l’occasione di parlarne i nostri perspicaci media, e nemmeno qualche personaggio televisivo di terza fascia perde la chance per ostentare il proprio spirito patrio. Il nuovo sindaco democratico di New York, battendo con oltre il 73% di preferenze il rivale repubblicano Lhota, ha origini italiane!
Bill de Blasio diventa così, inspiegabilmente, il vessillo dell’Italia che “vince e funziona” all’estero senza peraltro avere nulla d’italiano.  Dispiace rompere qui le uova nel paniere, ma la notizia sarebbe tutt’al più un’altra. E’ pur vero che il “nostro” Sindaco ha vinto a mani basse sulla concorrenza, ma alle urne si sono recate solo un milione e ventimila persone (il 22%), contro i 4,6 milioni di potenziali elettori che si sono registrati nella Grande Mela, ovvero meno di un newyorkese su quattro in quella minoranza di popolo che ha espresso un vago interesse politico. Viva i "borghi putridi"!
Una bella ironia se il motto che ha accompagnato la campagna elettorale di de Blasio è stato “nessuno rimarrà indietro”: per forza, sono così pochi che quasi ci stanno tutti nella metropolitana! Per fare anche solo un blando parallelismo con il nostro claudicante sistema democratico, il ballottaggio alle amministrative della città di Roma di quest’anno ha registrato un’affluenza minima storica del 45%. L’italiano che dovrebbe inorgoglirsi per la propria partecipazione alla “cosa pubblica” preferisce accodarsi agli epigoni zoppicanti d’oltreoceano, celebrando in essi la propria italianità. Meglio non accorgersi allora che anche l’America democratica, il migliore dei sistemi possibile, ha i suoi problemi di “democratite”. Barack Obama, ad esempio, vinse le presidenziali del 2008 con l’affluenza record, la più ampia di sempre negli Stati Uniti: il 65% di chi ha fatto richiesta per votare. In Italia per un dato simile, benché con la consueta coda di paglia, si parlerebbe di una crisi politica e democratica senza precedenti. Anche l’Iraq, stando agli standard USA, avanza a grandi passi verso la democrazia scaccia problemi: nel 2010 il presidente Al Maliki venne eletto con una percentuale di partecipanti simile a quella che portò il superpresidente Obama alla Casa Bianca nel 2012: il 62%. E così il popolo Eletto da Dio sembra sentirsi partecipe e coinvolto nella gestione della propria “res publica” come l’ultimo tra gli imbucati al club dei “democratici”. Ma gli Americani sono i migliori a priori – recita il nuovo ipse dixit democratico -. Democrazia per costoro non significa "partecipazione al bene comune”, ma il fluido funzionamento di una struttura che vuole solo governare senza ostacoli ed inceppamenti.  Il più democratico del futuro sarà allora colui che non intende disturbare il popolino dai propri affari privati, lasciandolo bello sereno coi suoi vitalistici divertissement?

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