Perché, maledetto lui il mio cervello costruisce i pensieri al di là della mia volontà e, spingendosi verso ciò che non desidero sapere, vedere, sentire, percepire, conoscere, mi trascina verso la coscienza del non essere e cioè verso un mondo, che a tratti percepisco nuovo ma in realtà antico come il pensiero?
Scrivo, scrivo per rinnegarmi, per non arrendermi alla verità d’ogni giorno, per vivere evidenziandone l’inutilità in un girotondo di assurde rincorse che continuano a divorarsi vicendevolmente tra loro, ingigantendosi anziché distruggersi. Unico a venire divorato veramente, nutro il mio cervello lasciandomi ripagare da una sorta di suicidio che mi viene propinato sofisticamente a dosi costanti ma gradualmente maggiori.
Il mio cervello è un pazzo, un caparbio, acuto e incoerente che, cosciente di non poterla mai raggiungere, cerca la verità comunque e, lanciando continue e idealistiche sfide a se stesso, non persegue scopi, ambizioni, applausi, speranze che non sappia già essere illusorie.
In questa sua assurda, perenne corsa senza limiti è il mio vero unico grande limite e così sarà, credo per sempre.