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“Pensiero polpettino”

Da Benben73

Ciao a tutti :-)

Oggi, dopo essermi consultata con lui, dopo aver riso e, ancora una volta, consultata e confrontata con lui, vorrei dedicare un articolo – espressione di un “pensiero polpettino” – a tutte coloro che sono “in forma”. Non escludo a priori di esternare altri “pensieri polpettini” :-) . L’intento sarebbe quello di creare uno spazio virtuale, ma reale, in cui esorcizzare paturnie, ansie e paure in modo ironico e col sorriso… Ammetto che nel dare pubblicamente spazio a questo articolo, nutro un pelino di “panico”, comunque…

Prima di tutto occorre definire la sostanza del “pensiero polpettino”, espressione casualmente coniata ed  ormai entrata nel gergo di casa (ammetto che calza bene in molte situazioni). Oserei dire che il “pensiero polpettino” appartiene  a persone come la sottoscritta; ossia a persone che mai e poi mai saranno pelle ed ossa; persone che potranno macinare Km e Km di camminata (o di corsa), ma potranno solo tonificarsi senza asciugarsi come acciughe sotto sale; persone che, pur stando attente all’alimentazione, non hanno alcuna intenzione di morire di fame e non si mortificano o sfoggiano facce emaciate ad una cena con amici od ai pranzi di famiglia. Insomma, il “pensiero polpettino” è ed appartiene a chi non si si riconosce nei canoni estetici portati avanti a più non posso dai media di tutti i generi, ordini e grado, perché per rispondere ad essi e rientrare nei canoni più che diete e movimento occorrerebbe andare da un falegname e farsi piallare :-) . Vorrei anche aggiungere che questa tipologia di pensiero è una sorta di estrinsecazione della Bridget Jones che abita in ciascuna di noi (propensione alle cosiddette figure di m…a, goffaggine ed una sorta di spiccata imbranataggine nelle situazioni più comuni e banali). Questo, in soldoni, è ciò che connota il “pensiero polpettino”.

Or bene, nello specifico, condivido quanto accaduto ieri, quando, dopo una bella passeggiata in uno dei borghi più belli d’Italia, (Castell’Arquato)  lui ed io siamo andati alla ricerca di un posticino dove poterci sfamare. Dopo essere stati rifiutati da diverse trattorie ed osterie (piene zeppe), a fronte delle quali le faccine imbronciate e supplichevoli di “me medesima stessa” hanno avuto valore pari allo Zero Assoluto, dopo aver puntato un chioschetto semplice, ma tattico, e scoprirlo chiuso, siamo andati all’avventura. E, in un paesino sperduto della campagna parmense, tra Fontanellato e Soragna, ormai convinti di ricevere un altro “no”, con sorpresa ci siamo seduti ad un tavolo. E lì,  tra una portata ed un’insalata, tra una chiacchiera e una risata, mi sono ritrovata addosso due occhi azzurri, incorniciati da una capigliatura bionda e da un pizzetto (che faceva molto D’Artagnan). Occhi, capelli e barba appartenevano al cuoco, un Marcantonio che, uscito dalla cucina, aveva augurato a noi “Buon appetito”. Ho risposto con un “Grazie” destando curiosità in the man (<<Ho risposto al cuoco>> ho detto) che – strano – non aveva sentito. Poi, di nuovo, un altro sorriso per passare a sistemare la musica dello stereo. E, ancora un altro viaggio seguito da un sorriso per cambiare nuovamente la musica (anche se a me piaceva). Ed ancora, ad ogni uscita un sorriso. Ho pure pensato che forse stesse sorridendo a una dietro di me, magari murata viva nel muro alle mie spalle.

Ora, chi mi conosce sa che sono imbranata. Non ho (geneticamente assente) la malizia o la capacità – come la definisco io – d’essere miele per gli orsi o cibo per le formiche o pastura per i pesci e così via, ma scoprire un sorriso “diverso” diretto a me e a me soltanto mi ha fatto “strano” perché, nel 99,9% dei casi queste cose proprio non le noto, non le vedo. La cosa si è ripetuta anche al momento di andarcene. È arrivato, dietro al bancone, per salutarci (cosa fatta solo con noi) e puntare i fari azzurri e quel sorriso strano, guascone e complice (ma complice di cosa, poi?) sulla sottoscritta. Appena fuori, l’ho detto a lui, a “the man”. Gli ho chiesto se avessi avuto una lentiggine-bubbone in faccia o cibo tra i denti o i capelli messi male o gli occhi strani o il maglione macchiato o, semplicemente, se fossi così buffa da far ridere gli altri … E lui, sorridendo, con una semplicità spiazzante ha risposto:<<Ti ha guardato perché sei bella>>.

Ma davvero? Mi sono detta.

Quindi ecco il mio “pensiero polpettino”: forse siamo davvero più belle di quello che pensiamo, solo che, a volte, non ce lo dicono abbastanza e noi ci sentiamo e ci diamo per scontate. I ritmi frenetici della vita quotidiana, il lavoro, i problemi, le paure… tutto fa brodo per dare per scontato molte cose, per dare per scontato pure le persone, comprese noi stesse. Poi, basta un sorriso di uno sconosciuto o lo sguardo azzurro di tuo marito per farci sentire belle e ciò senza neanche bisogno di indossare una taglia 40/42… Ciò che conta davvero è la bellezza interiore, ma, a pensarci bene, quando qualcuno apprezza qualcosa di te, del tuo viso (lo sguardo, la bocca, il sorriso, il naso o le lentiggini senza guardare o insistere sui soliti “luoghi comuni”) beh… ammetto che fa piacere e, per quanto mi riguarda, fa molto “strano”.  E qui lo dico  e lo scrivo perché vorrei sapere, per curiosità, se mai vi è capitato. Sarò stupida, sarò fortemente ingenua e molto Jones, ma per persone che sono ed esistono al di là dei canoni estetici e della moda, credo sia importante non darsi mai per scontate ma “essere” perché “l’essere” arriva, bene o male, arriva agli altri quando meno te lo aspetti… Non so, ma avete capito cosa intendo? :-) Chiara sono stata? :-)


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