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Pensioni, conti salvi ma redditi a rischio

Creato il 03 agosto 2014 da Nicola933
di Mirella Astarita Pensioni, conti salvi ma redditi a rischio - 3 agosto 2014

INPS Di Mirella Astarita. La Legge Fornero-Monti (2011) è stata la sesta riforma della previdenza in Italia, nel giro di 15 anni, e sarebbe dovuta essere quella definitiva.

Oggi, però, stiamo assistendo alla confutazione di quel complesso insieme di norme firmato dalla Fornero con l’appoggio dell’ex-premier Monti.

Nonostante alcune modifiche, le stime assicurano che il riassetto deciso da Monti, che avrebbe dovuto cavalcare la crisi finanziaria, avrà effetti ancora per lungo tempo.

Il modello previsionale dell’Inps riduce la spesa prevista per le quattro gestioni principali dell’istituto (inclusi gli esodati e le tutele loro promesse) di oltre 80 miliardi nel decennio 2012-2021.

Prospetti poco incoraggianti che mettono in salvo i conti e fanno tremare le “pensioni di domani”. I risparmi si prolungheranno negli anni fino al 2045, anno in cui dovrebbero azzerarsi.

Le stime della Ragioneria generale dello Stato combaciano con quelle della riforma. Fino ad ora, le riforme entrate in vigore dal 2004 hanno creato risparmi pari a 60 punti di Pil cumulati, fino al 2050. Di questi circa un terzo provengono dalla riforma del 2011.

L’effetto dei risparmi andrà notandosi negli anni e sarà sempre crescente.  Nel 2020 si dovrebbe toccare il livello massimo, con una spesa pari all’1.4% del Pil (oltre 25 miliardi).

L’anno del giro di boa, secondo le previsioni, dovrebbe essere il 2045, anno in cui la riduzione del numero delle pensioni dovrebbe essere compensata dagli importi medi più elevati che derivano dal sistema contributivo.

Il sistema contributivo è stato introdotto gradualmente a partire dalla riforma Dini (1995) con l’idea di inserirlo in un’economia di crescita, che pur affrontando alti e bassi avrebbe dovuto indirizzare il Paese verso la crescita economica capace di creare occupazione. Dal 1995 ad oggi non c’è stata grande crescita e a ciò si è aggiunto un sistema previdenziale pubblico a ripartizioni (chi lavora paga, versando contributi, le pensioni di chi ormai ha smesso di lavorare), questi dati preoccupano, poiché rischiano di creare un fortissimo squilibrio tra le pensioni degli anziani di oggi e quelle dei pensionati di domani.

Le previsioni della stessa legge sui tassi di sostituzione evidenziano per i lavoratori dipendenti una discesa dal 70 al 58% nel 2035-2040. Per i lavoratori autonomi il tasso è ancora più basso e si prospetta che toccherà il 54% già nel 2015. Queste previsioni sono basate sulla possibilità di avere una crescita del Pil reale di circa l’1.5% (scenario abbastanza ottimistico) e su tassi di occupazione maggiori. Quindi alle previsioni, volendo restare fedeli alla realtà, bisogna aggiungere dei punti in negatività, e così il sipario si spalanca su un palcoscenico di insicurezze e paure per le pensioni di domani.

In questi mesi l’attenzione è stata puntata sulla possibilità di smontare la riforma, e con delle manovre finanziarie si sta cercando di fermare e “saldare” i conti, che oggi sembrano essere stati messi al sicuro, ma successivamente si dovrà pensare a chi sta pagando per creare le pensioni di oggi, senza avere la possibilità di crearsi le basi per la propria.


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