Pensioni d’oro: sistema retributivo o contributivo?

Creato il 11 novembre 2013 da Leone_antonino @AntoniLeone
Intervista a Pietro Ichino, senatore di Scelta Civica, a cura di Davide Allegranti pubblicata sul Corriere Fiorentino il 10 novembre 2013 Professor Ichino, condivide la proposta Renzi sul taglio delle pensioni superiori ai 3.500 euro Mi sembra che Renzi abbia indicato i 3.500 euro mensili come limite al di sopra del quale è proponibile l’imposizione di un contributo di solidarietà. Cosa che non significa prevedere un prelievo su tutte le pensioni che superano questo limite. Occorre distinguere in modo molto preciso i trattamenti nei quali è ravvisabile un privilegio, e quelli nei quali esso non è ravvisabile. Forse bisognerebbe intendersi anzitutto su che cos’è una pensione d’oro. Guardi, io proporrei proprio di non usare più questa espressione. Distinguerei, piuttosto, tra pensioni interamente guadagnate da chi le percepisce, alte o basse che siano, e pensioni in parte non guadagnate. In una trasmissione televisiva, Servizio Pubblico, c’era Michele, ingegnere, settemila euro lordi al mese. Faceva questa osservazione: basta con un approccio meramente ‘quantitativo’ che guarda solo all’ammontare delle pensione. Serve piuttosto un approccio ‘qualitativo’ che consideri i contributi versati da ciascuno. Lei come la vede? Quel pensionato ha perfettamente ragione. Ci può essere una pensione di settemila euro che corrisponde perfettamente alla contribuzione versata in una vita di lavoro molto qualificato: quella pensione non va toccata. Ce ne può essere, invece, una di cinquemila euro, che corrisponde soltanto alla contribuzione del periodo finale della vita lavorativa di chi la percepisce, oppure liquidata dopo soli quindici o vent’anni di lavoro pubblico; e ci sono molti casi di questo genere nei quali se si ricalcolasse la pensione col sistema contributivo, i cinquemila euro si ridurrebbero alla metà.
E in quest’ultimo caso?
La proposta di legge che Irene Tinagli e io abbiamo elaborato e presentato in Parlamento, di cui ho parlato in un articolo sul Corriere l’estate scorsa e alla quale se ho ben capito anche Matteo Renzi si ispira, prevede un contributo di solidarietà calcolato in proporzione alla parte non guadagnata della pensione, sopra i 3.500 euro.
Ma il numero di pensionati sopra i 3.500 euro mensili in Italia è così elevato da far recuperare risorse rilevanti?
Il numero è elevato. Occorre però ricordare che anche nel vecchio sistema pensionistico legato all’ultima retribuzione erano previste delle riduzioni della rendita al di sopra di determinate soglie. Per questo la differenza tra pensione “retributiva” e pensione “contributiva”, anche ai livelli alti, può non essere elevatissima.
Il Pd ha proposto di ridurre la soglia sopra la quale far scattare il contributo di solidarietà previsto nella legge di stabilità, così da recuperare le risorse per attenuare la deindicizzazione di pensioni non troppo alte. Lei che ne pensa?
Sbaglierò, ma a me la deindicizzazione indiscriminata delle pensioni al di sopra di una determinata soglia sembra una misura sbagliata, proprio per il motivo che dicevo prima. Quando corrisponde ai contributi versati, la pensione di importo elevato deve essere trattata come tutte le altre: è in tutto e per tutto una retribuzione differita, che la persona interessata si è già guadagnata. Il discrimine non è tra pensioni alte e pensioni basse, ma tra pensioni interamente guadagnate da chi le percepisce e pensioni in parte regalate. Può essere in gran parte un regalo anche una pensione relativamente bassa, ma attivata dopo soli venti anni di lavoro. Per fortuna – anzi, per merito della riforma Monti-Fornero – queste cose d’ora in poi non possono più accadere. Ma sono in molti ancora oggi a godere di pensioni indebitamente attivate negli anni passati. L’importante è che il contributo che si chiede ai pensionati più fortunati venga immediatamente restituito a quelli meno fortunati, in termini di aumenti dei trattamenti o di riduzione del prelievo fiscale.

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