Si è svegliato come sempre molto presto ed ha fatto una passeggiata con sua moglie, la senatrice Lucía Topolansky nel piatto panorama di Rincón del Cerro. Poi, mentre faceva colazione, ha guardato alla tivù la cerimonia in cui il neo presidente Tabaré Vázquez ed il suo vice Raúl Sendic prendevano possesso dei rispettivi incarichi. Solo alle undici, ha finalmente preso il famoso Maggiolino celeste (anno 1987) e si è diretto verso il centro di Montevideo, dove nel cuore del paese, a Plaza Independencia, davanti al monumento ad Artigas, gli sarebbe toccato consegnare il potere a Vázquez.
Tutto normale. Anche nell’ultimo giorno da presidente, Pepe Mujica ha mantenuto l’abituale basso profilo ed ha giocato con i giornalisti a sminuire la trascendenza del suo mandato giunto al termine. Una sciocchezza, ha detto, di fronte ad altri momenti della mia vita, più emotivi ed importanti, legati alla prigionia e alla caduta della dittatura. Poi, una volta in centro ed aver abbracciato con trasporto Vásquez se n’è andato in giro per le strade di Montevideo, ringraziando gli uruguayani per la fiducia che gli avevano concesso nel 2010 e chiedendo rispetto ed entusiasmo per il nuovo governo.
Presidente fuori dal comune, Mujica ha stonato da subito nell’ambito politico internazionale con le sue dichiarazioni votate all’austerità e all’onestà. Un paradigma che dovrebbe essere la normalità ed invece è eccezione in una generazione di politici che ormai scambia la professione per una opportunità di potere e di arricchimento. Un marziano, che dal primo giorno da presidente ha rinunciato al 90% del suo salario da 12.000 dollari, e per questo osservato con sospetto. Mujica, nonna materna da Fontanabuona di Rapallo, è stato una specie di luce che ha coinvolto un poco tutti coloro che avevano perso ogni speranza nella politica, dimostrando che ancora c’è qualche oasi nel deserto morale della gestione della cosa pubblica.
Le leggi che ha lasciato dietro di sè, soprattutto quella sulla legalizzazione della marijuana, sono destinate a fare storia, ma se la sua figura è da gigante all’estero, in patria soffre di varie e differenti critiche. Prima fra tutte, quella di non aver saputo dare un impulso decisivo all’educazione pubblica; quindi, lo stato dell’infrastruttura che è rimasto praticamente uguale a quello anteriore al suo mandato. Mujica stesso ha riconosciuto le falle, dando la colpa alla mancata retribuzione fiscale che avrebbe dovuto finanziare i progetti. Lascia però il posto con un’approvazione popolare storica, salda al 65%. Progetti realizzati o no, Mujica è diventato un simbolo ed è riuscito a dare un posto di rilievo all’Uruguay, finora considerato come uno dei paesi meno significativi nella scacchiera latinoamericana.
Ora, prossimo a compiere ottanta anni, Mujica avrà più tempo per dedicarsi ai campi di Rincón del Cerro e per preparare la sua famosa salsa di pomodoro, ma non abbandonerà la politica. ‘Sarò sempre un militante finché terminerò in una bara’ ha detto. ‘Non concepisco la vita in un’altra maniera’. Ad aspettarlo c’è lo scranno di senatore della Repubblica dove guiderà il Movimiento de Participación Popular all’interno del Frente Amplio.
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Pepe Mujica, l’ultimo giorno da presidente di una persona (quasi) normale
Creato il 03 marzo 2015 da EldoradoPossono interessarti anche questi articoli :
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