“Non era difficile collezionare immagini di gioco. Si giocava ovunque. Giocavano tutti, adulti e bambini, sotto gli occhi di tutti. Era un mondo che sapeva ancora giocare”. E il tavolo da gioco erano le piazze austere e cariche di storia, le strade non ancora involgarite dalla benzina, i luoghi del lavoro ancora indulgenti.
Merisio racconta la storia, e la storia avanza prepotente nelle sue immagini, il gioco di città non è più il gioco di campagna, le carraie fra i campi si restringono nei cortili condominiali, poi il gioco si rifugia negli spazi istituzionali, consentiti, tollerati, i circoli, gli oratori. La civiltà ha messo il guinzaglio al gioco, cioè a se stessa.
Scopro tardi pepi Merisio e la sua fotografia, una fotografia perlopiù in bianco e nero che ci parla del passato, delle origini di ciò che siamo e mi appassiona vedere immagini ormai sopite sotto la patina della modernità. Guardo queste foto di bambini che giocano e in tutte mi riconosco bambino “in mezzo alla strada”, quella strada polverosa ma pulsante vita che ci ha fatto diventare uomini grandi.












