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Peppino Impastato. Una vita contro la mafia.

Creato il 27 febbraio 2011 da Malacarne_nonconunlamento
Peppino Impastato. Una vita contro la mafia.

Salvo nei Cento Passi è Salvo Vitale. Pronuncerà il discorso a Radio Aut tre giorni dopo la morte di Peppino Impastato.

Intervista a Salvo Vitale, amico e compagno di Peppino Impastato presidente dell’Associazione a lui dedicata.

a cura di Dale Zaccaria e Consuelo Cagnati

Con quali parole definirebbe Peppino Impastato?

“Peppino Impastato non è un eroe. Già in diverse occasioni lo abbiamo detto. È una persona che sull’onda del 68’ come molti di noi aveva, innanzitutto la capacità di ribellarsi, “ribellarsi è giusto” come dice Jean Paul Sartre, e un’ altra forte caratteristica di Peppino ma nostra, era soprattutto quello di essere anticonformisti, cioè di essere contro il conformismo borghese.”

Essere dei rivoluzionari in qualche modo.

“ Si. Condividevamo l’idiologia marxista che è appunto rivoluzionaria e per noi il Partito Comunista ne aveva tradito in qualche modo l’essenza, preferendo una via elettorale per la conquista del potere. Quel modo di essere rivoluzionari si chiamava marxismo-lienilismo, ma noi avevamo uno sguardo rivolto più che a Mosca a Pechino e all’esperienza di Mao Tse Tung.Che ci portava sostanzialmente a una sorta di rigenerazione, a una rilettura dell’umanità, ma questo è un discorso molto lungo.”

Cosa ha significato per lei ma anche per Peppino essere dei rivoluzionari in una piccola cittadina provinciale come Cinisi?

“ Tutti ci chiamavano Mao Mao. Una volta arrivò un pacco con trecento libretti di Mao Tse Tung, non sapevamo da dove fossero arrivati. Suppongo che ci li mandò lui in quanto sapeva che eravamo suoi fans. Noi ritagliammo la sua foto e la mettemmo sulla scheda elettorale. Mao prese sedici voti in quell’occasione. Come potete capire questo era il nostro modo di stare a sinistra, quello che ci ha sempre caratterizzato. Un modo comunque di essere fuori. Non essendo abituati all’idea del partito, essendo sostanzialmente dei movimentisti ci buttarono fuori. Così in un momento successivo abbiamo finito quasi tutti con il militare in Lotta Continua. Peppino Impastato aveva buoni rapporti con tutti gli esponenti anche a livello nazionale, soprattutto con Mauro Rostagno che tra il 1973 e 74’ venne in Sicilia a coordinare Lotta Continua, Peppino diceva sempre che “conosco Mauro è un compagno che mi da molta sicurezza”.

Lei ha continuato il percorso di Peppino Impastato anche dopo la sua morte, ha continuato a lottare a ricordare Peppino. In tutti questi anni che cosa ha maturato. Dall’esperienza di Radio Aut fino ad oggi?

“ Intanto sono passati trentatre anni dalla sua morte. Riguardando indietro, la capacità che aveva Peppino di leggere il territorio, di capirne i problemi e le speculazioni non è stata sostituibile. Non vivendo più io a Cinisi mi sono dedicato soprattutto all’aspetto culturale e pedagogico, nell’insegnamento e di formazioni dei ragazzi. Vivendo altrove, la capacità che aveva Peppino di capire e di organizzare immediatamente un movimento di lotta, di dare una risposta concreta nell’immediato non c’è stata più. Io ho proseguito la strada appunto, dicevo pedagogica, cercando poi di trasmettere ai ragazzi anche i valori che venivano dalla mia formazione politica con Peppino, ma i giovani è difficile poi trattenerli. Dopo i vent’anni capita spesso che non ti seguano più. Ho fatto una breve esperienza politica a Terrasini stando anche all’interno del consiglio comunale, ma poi son andato via, capendo che certe dinamiche e quella strada non mi apparteneva, stando così ai margini dello schieramento parlamentare, in cui non riesco a ritrovarmi. E’ andata avanti in me l’idea che l’intervento pedagogico di formazione dei ragazzi è fondamentale.”

Il trasmettere valori alle nuove generazioni è un atto fondamentale, quali le difficoltà?

“ Non è semplice. Perché i giovani possono incappare spesso nelle grinfie come dire mafiose. Nel momento in cui si cerca un lavoro o si tenta di affermare la propria professionalità, le proprie potenzialità ci si ritrova di fronte la strada che il politico e il mafioso possono offrirti. Posso dirvi che dalle mie analisi questo è un sistema nazista di assoluto controllo. E’ rubare il futuro. Quello che uno vuole e può essere. Quello che una persona vuole costruire attraverso le proprie capacità. In questo momento ho tre figli disoccupati proprio perché gli ho insegnato a non scendere a compromessi. E’ un prezzo politico altissimo. Cosa puoi fare con questa alternativa?”

Cos’è la mafia per lei?

I mafiosi sono quelli che ti rubano il futuro. Il futuro che è propriamente nostro, quello che noi decidiamo di costruirci.

Lei ritiene che la mafia sia un fatto anche culturale. Come nel film i Cento Passi quando Cesare Mazzella grida nella piazza “dov’è questa mafia?, Io non la vedo”. E’ nella testa la mafia quindi delle persone?

“ E’ anche nella testa, appartiene a una formazione culturale e di modalità relazionali, ma nello stesso tempo la mafia si muove anche attraverso strategie economiche, di controllo del territorio.La cultura mafiosa appartiene oramai a intere classi sociali per non dire a buona parte della mentalità della gente. Mentre gli interessi mafiosi sono una cosa ben diversa. Hanno caratteristiche ben precise. La prima delle quali è questo bisogno di conservare lo status quo, cioè “il mondo è sempre stato così e non puoi essere tu a cambiarlo”. In questo contesto significa che i privilegi sociali devono restare tali e quali e se c’è la mafia tenersela. L’idea così di cambiare qualcosa diventa un’idea sovversiva. Peppino Impastato venne definito dalla commissione anti-mafia “uno non omogeneo al sistema” il sistema è quello che riconosce Gaetano Badalamenti come espressione della mentalità di Cinisi e non certo riconosceva Peppino.”

La risposta che diede la mamma di Peppino Impastato dopo la sua morte dicendo “non voglio vendette”.

“ La risposta di Felicita fu una risposta civile. Di persona che in un contesto che non è quello mafioso vuole trasmettere il suo messaggio di civiltà, non tanto quello di credere passivamente nelle istituzioni perché son dovuti passare ventidue anni perché la mamma di Peppino ricevesse giustizia.Felicita diceva spesso “studiate, perché solo con la cultura si può distruggere la mafia.”

E quando la mafia pervade anche gli ambienti culturali, quando i meccanismi mafiosi si propongono in ambienti dove libri, poesia e arte, dovrebbero essere invece i muri e la falce di quest’erba malata? Come ad esempio occupare spazi di potere non per capacità e merito ma per vie di conoscenza e raccomandazione. Tutto questo come può essere combattuto?

“ Non c’è una ricetta secondo me. Se l’avessi sarei un profeta. C’è forse un discorso che è quello di scegliere se subire o ribellarsi. Ma ognuno di noi deve trovare dentro di sé la risposta di come sconfiggere certi meccanismi.”

Lei è anche un poeta. Ha scritto questo libro di poesia civile, “Arrangiamenti” edito da Navarra. Un contributo importante, in questo momento.

“ La poesia è messa ai margini in questo momento. Il mondo artistico procede più per immagini. L’immagine arriva più velocemente, mentre la parola ha bisogno di arrivare al cervello per trasformarsi in significato. La poesia poi dovrebbe trasmettere emozioni e spesso l’emozione viene considerata una cosa come dire “da bambini”, mentre invece le emozioni ci accompagnano costantemente e perderle per strade buie o macabre o per situazioni irrazionali e sterili dell’esistenza non può far si che produrre forme d’arte senza entusiasmi. La poesia ha una grande forza in tal senso e può essere uno strumento pericoloso. Le cose che circolano sono solo espedienti commerciali o comunque innocue, la poesia che può essere pericolosa viene messa hai margini. Perché il sistema cerca sempre, da quando esiste, di difendersi da voci scomode.”

Con Peppino leggevate molta poesia.

“ Molta si, Garcia Lorca, Jacques Prevert, Cesare Pavese e poi poeti della generazione Beat Americana, poi Peppino aveva il debole per i poeti francesi Apollinaire Rimbaud ecc…”

Il legame Peppino e Pasolini che emerge anche dal film I Cento Passi.

“Un legame forte e vero che c’era. Se venite a Cinisi tra i libri di Peppino c’erano quasi tutti i libri di Pier Paolo Pasolini. Una figura che lui seguiva. Anche i suoi film. Che noi trasmettevamo all’epoca nel nostro cineforum di musica e cultura.”

Un messaggio che sente di dare ai giovani.

“ Quello di non farsi intrappolare da un binario dove ci son regole prestabilite e tracciate. Di non scendere mai a compromessi.”



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