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Per caso, tu, commuti?

Creato il 18 luglio 2012 da Lacocchi @laCocchi
(Scusate il silenzio stampa. C'ho il bloggo della scrittrice e della vita. Nonostante tutto questo, guarda chi si rivede. Sono ancora viva. E sono ancora a Londra.)
Benvenuti ad un nuovo ed esilarante capitolo lavorativo della mia esistenza.
Benché io fossi a conoscenza del fatto che il lavoro d'ufficio non mi si addice, e benché io ogni giorno litighi con le ore passate davanti al computer e il mio cervello che ormai reputo imbalsamato, ecco che mi ritrovo su una nuova scrivania, con un nuovo computer, nuovi colleghi e nuove ed entusiasmanti avventure digitali che mi attendono.
Ho cambiato lavoro e ho cambiato vita. Perché non sono piú residente, come solo pochi fortunati abitanti di questa città possono esserlo, a venti minuti a piedi dall'ufficio. Eh no. Ora sono a trenta minuti e quattromiladuecento maledizioni di autobus dall'ufficio.
Che trenta minuti non è nemmeno molto per gli standard degli inglesi "abito dietro l'angolo", e in realtà il dietro l'angolo è lo Yorkshire e il loro viaggio per l'ufficio è di 3 ore.
Allora gli inglesi, il viaggio da casa al lavoro e da lavoro a casa lo chiamano commute. 
Voce del verbo to commute, o commutare, come lo dico io.
"Tu commuti?" "Quant'é il tuo commute da porta a porta?" "Che commute orrenda ho avuto stamattina" e varie ed eventuali variazioni sul verbo sono le tipiche conversazioni mattutine degli albionici in ufficio. Come anche al primo appuntamento, quando devi capire quanto tempo ci potresti mettere da casa sua al tuo ufficio, se mai dovesse funzionare.
Io, quindi, commuto.
Commutare non fa bene, sapete? Fa male all'umore, al naso, allo stomaco, al cervello.
So che commutare e salire in tram-metro-autobus pieni di gente con ascelle da Guinness dei primati della puzza, alitosi che stenderebbero anche un toro e profumi che ti trapanano le narici è abitudine di molti di voi, in molte altre città del mondo.
E so che anche voi commutate tutti i giorni, ma gli ubriachi alle 8.45 della mattina, voi, ce li avete? E quelli che mangiano il panino e poi ad una frenata brusca della metro vi spiaccicano la maionese sulla giacca, ce li avete?
C'é da dire che i miei viaggi per e di ritorno dall'ufficio potrebbero essere definiti come i momenti piú divertenti della giornata, dato che non so mai cosa mi aspetta. Ma ci terrei a scendere nei particolari, a raccontare giorno per giorno le mie disavventure commutative.
Lunedì: soggetto accompagnato da sacchetto della spesa bucato mi rovescia del curry sui pantaloni. Voi non lo mangiate il curry per colazione?  Seguono suo "Oh, scusa". Mio "No, non preoccuparti".  Segue mia triste scoperta di non avere fazzoletti per pulire il curry dai miei pantaloni, che ormai aveva preso la retta via verso le mie scarpe. Segue macchia indelebile giallo curry sui pantaloni. Seguono domande imbarazzanti dei colleghi.
Mercoledì: "Signorina, può spegnere la sua musica? E' molto alta." E no, che non la spengo. No. Allora tu lavati le ascelle, la prossima volta.
Giovedì (scorso): tra tutti, il pazzo isterico con un'idea molto precisa sulla vita si doveva sedere vicino a me. E inizia così un monologo di venticinque minuti sul fatto che a Londra non ci sono piú inglesi, e che a Londra si sta sempre al telefono e che non si puó vivere in questo modo. E poi il monologo diventa un dialogo con me, sotto forma di tutte le peggiori bestemmie inglesi che vi vengono in mente urlate in faccia alla sottoscritta.  Un giovedì decisamente molto educativo.
Venerdì (scorso): prendo la metro. Si sta come le sardine dentro questa linea gialla. Si trasuda alcool dato che il venerdì si esce a bere con i colleghi. Lo vedo, tizio con panino dietro di me. Non si tiene aggrappato da nessuna parte. Mi cadrà addosso? Penso terrorizzata. Tempo due nanosecondi e una frenata, lui era spiaccicato contro di me. E la maionese nel suo panino contro la mia giacca.
Martedì resta la mia giornata preferita: mattinata di ordinaria follia.  Autobus pieno di gente e io scelgo di sedermi di fianco ad un grasso esemplare di uomo con la stessa fiatella che potrebbe avere Tutankhamun, si dovesse mai risvegliare in questi tempi moderni. Grasso esemplare di uomo puzzolente scende dopo pochi minuti, e io penso di essere sfuggita alla morta certa per alitosi. E invece NO.  Eccolo lì: esemplare di ubriacone mattutino con cappello da cowboy tempestato di paillettes a formare la bandiera inglese e canotta bianca.   "Non sederti, non sederti qui" il mantra nella mia testa. E trenta secondi dopo lo ritrovo seduto di fianco a me.  L'amico paladino della Gran Bretagna puzza. Dopo pochi minuti mi dice "Ho sete" e si stappa una Guinness. Una lattina. Di Guinnes. Alle 8.50 di mattina. La versa in una tazza termica e mi dice: 
"E' caffé. Vuoi assaggiare?"
"No, grazie, non bevo quel tipo di caffé la mattina."
"Ma l'hai mai assaggiato? E' buonissimo."
"No, grazie."
"Come sei noiosa."

Che dire? Io amo commutare, e farmi dare della noiosa dagli ubriaconi, giocare a chi sta piú in apnea anti puzza, sporcarmi con i cibi altrui e conoscere casi umani.
Anzi, domani mattina attacco bottone con la tipa che sale sempre alla stessa fermata. Quella che si scaccola tutte le mattine per almeno 7 fermate e poi gioca con l'iPhone con le stesse ditina.
Sembra una simpatica.

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