Prima di cominciare a trattare l’argomento odierno, dovrei cominciare con due premesse.
Una di queste è che io sono un lettore della Gazzetta dello Sport da ormai più di un ventennio, da quando, ormai bambino, ho cominciato ad appassionarmi al calcio e al giornalismo, e da allora, nonostante i ripensamenti non siano mancati, non ho più smesso di comprarla, assistendo nel corso degli anni ai vari naturali cambiamenti che sono intercorsi nello sviluppo del quotidiano sportivo.
La seconda invece riguarda il mio modo di essere appassionato di calcio, che mi fa rimanere piuttosto indifferente, e anzi spesso sconcertato, da tutto il lerciume e la parzialità che lo circonda, soprattutto concernente moviole e moviolisti, campo nel quale tutti sono pronti a tirare acqua al proprio mulino, millantando complotti a destra e a manca, sottacendo gli episodi favorevoli e spacciando rigori non assegnati e fuorigioco visti e non visti come punti sottratti alla propria causa, e non come episodi che avrebbero potuto cambiare l’andamento del match.
Il recente boom che ha accompagnato la cosiddetta Calciopoli, ovvero il giubileo dei punti sopra enunciati, anziché affievolire, ha sganciato ancora di più la bomba, che deflagra ogni volta di più a pie’ sospinto ogni fine settimana calcistico.
E dunque fatte queste doverose promesse, non posso non dedicare il mio pensiero giornaliero a Elisabetta Russo, che di moviola si occupa per la Gazzetta dello Sport.
L’eminente professionista, ha così commentato questi episodi “sospetti”:
(su Cagliari-Milan dello scorso 6 gennaio) “Il gol del Milan: sull’ assist di Cassano, Strasser è in posizione irregolare; sbaglia Passeri, ma è davvero questione di centimetri”
(su Inter-Bologna dello scorso 15 gennaio) “Difficilissimo decidere sul primo gol dell’Inter: Eto’o per Stankovic che appena appena con la punta del piede destro è al di là dei difensori. In questi casi, nel dubbio, il guardalinee, secondo la direttiva Fifa, non deve segnalare: fa bene Marzaloni”
Non sono un esperto di semiotica e di linguaggio, ma mi pare che fra sbagliare e fare bene corra una sottilissima e non tanto impercettibile differenza.
Mi sbaglio o faccio bene cara Elisa?