Per ora nessuno strumento è stato in grado di rilevare direttamente la materia oscura. Oggi però siamo forse più vicini che mai a questo grande passo. Nel convegno biennale dedicato al questo campo di ricerca e organizzato dalla University of California – Los Angeles (UCLA), 190 scienziati di tutto il mondo si sono confrontati sullo stato dell’arte delle ricerche di materia oscura.
“Poiché la materia oscura costituisce la maggior parte della massa delle galassie ed è fondamentale nella formazione delle galassie e delle stelle, è essenziale per l’origine della vita nell’universo e sulla Terra”, spiega David Cline, professore di fisica alla UCLA, uno dei maggiori esperti mondiali in materia oscura e organizzatore del convegno.
Gli scienziati, nel corso degli anni, hanno proposto diverse idee sulla possibile natura della materia oscura. Apparentemente messe da parte le teorie MOND e MACHO, oggi la maggior parte della comunità scientifica sembra pensare che la materia oscura si presenti in una forma nota come WIMP, acronimo di Weakly Interacting Massive Particle, un’ipotetica particella massiva che interagisce con la materia solo attraverso la gravità e la forza nucleare debole. Al convegno sono state tuttavia discusse diverse altre ipotesi sulla composizione della materia oscura, come assioni o neutrini sterili. La massa probabile di una particella di materia oscura, comunque, spiega Clive, si dovrebbe aggirare attorno ai 30 miliardi di elettronvolt.
La speranza dei fisici è quella di riuscire in qualche modo a scovare il segno del passaggio di una di queste particelle, una reliquia della prima frazione di secondo dell’universo, che sfreccia a un milione di chilometri all’ora.
Gli esperimenti mirati alla rilevazione di WIMP vengono fatti sia in orbita attorno alla Terra che nelle profondità del sottosuolo. Il telescopio Fermi della NASA cerca per esempio i raggi gamma (particelle di luce ad altissima energia) provenienti dalla materia oscura. Esperimenti come quelli del Gran Sasso, invece, sono schermati sotto Terra da una grande quantità di materia, in modo da ridurre il segnale di background. La speranza in questo caso è riuscire a rilevare l’interazione di una particella oscura che dopo aver attraversato la crosta terrestre senza troppi problemi colpisca un atomo dei rivelatori.
Tutto il materiale sul convegno è disponibile sul sito dell’università.
Nel 1998, proprio al convegno UCLA sulla materia oscura, due gruppi di scienziati presentarono le prove dell’accelerazione e dell’espansione dell’universo, quello che Cline descrive come “una delle più grandi scoperte nella storia della scienza”. La speranza degli organizzatori, c’è da scommetterlo, è che al prossimo convegno, fissato per il 2016, qualcuno se ne esca fuori anche con la soluzione finale all’enigma della materia oscura.
Fonte: Media INAF | Scritto da Matteo De Giuli