Le fragole evocano in me ricordi di quando ero bambina. Aspettavo la stagione delle fragole perché segnava l’arrivo dell’estate e il momento in cui sarei andata a raccoglierle, mangiandone più di quelle che sarebbero finite nel cestino.
Alle porte di Torino, vicino a dove ormai da anni c’è un grande centro commerciale, c’era un campo dove si poteva andare a cogliere di persona le fragole. All’ingresso veniva consegnato un cestino di vimini in cui depositare i frutti che, all’uscita, venivano pesati e fatti pagare un tot al chilo. La raccolta si trasformava in una divertente gara a chi ne mangiava di più e a chi riusciva a trovare la fragola più bella e grossa.
La coltivazione era naturale, senza l’utilizzo di pesticidi e il costo era un po’ inferiore rispetto alla media in commercio. Chissà come mai non esistono più posti del genere. Luoghi dove i bambini (e gli adulti) possono vedere come sono fatte le piante, capire come lavora la natura, apprezzare il lavoro contadino e risparmiare, divertendosi.
Chissà se un campo di fragole entusiasmerebbe ancora le persone tanto quanto rendeva felice me rincorrere le farfalle, che si posavano sulle foglie verdi; scappare dalle api, che cercavano i fiori e, soprattutto, respirare a pieni polmoni il profumo dei frutti rossi maturati sotto un sole caldo e accecante.
Le fragole mi piacciono fresche e al naturale, ma anche in versione salata. In accompagnamento a una scaloppa di foie gras (come la prepara Christian Milone della Trattoria Zappatori di Pinerolo) o nel risotto. Da bere? Magari un Negroamaro rosè (io amo quello di Cantele).