Magazine Diario personale

Per Giovanni

Creato il 08 gennaio 2013 da Oggimordo @OggiMordo
In una sera strana di gennaio, un vento caldo è arrivato e se l'è portato via.
Per Giovanni
Lui, che ogni giorno veniva a giocare con me quando ero piccola, orgoglioso come se mi avesse creata lui.
Lui che ci scarrozzava da bambini su una jeep rudimentale su e giù per i campi, a scavezzacollo. Forse andavamo a 30 all'ora, ma a quell'età sembra fortissimo.
Lui, che ha creato il suo piiiiccolo impero in cui ancora noi tutti mangiamo.
Lui, che ha saputo osare negli anni del boom economico.
Lui, che non era una persona facile con i figli, ma con i nipoti dava il meglio.
Lui, che ha litigato con lei tutti i giorni, ma ha pianto come un bambino quando le ha dato l'ultimo bacio. Sapevate che anche gli adulti piangono?
Lui, che a 80 anni si arrampicava sugli alberi per potare i rami, e quando lo rimproveravi ti guardava con nonchalance e ti diceva "Andava fatto, perché non dovrei?"
Lui, che non era certo un santo, ma era Giovanni.
Giovanni era mio nonno, e ora non c'è più.
In realtà la sua mente non c'era più da tempo, era già volata altrove, mentre il suo corpo restava aggrappato alla vita con la stessa tenacia con cui ha vissuto. Un giorno era lui, divertente, malinconico, arrabbiato dopo essere rimasto solo a ottant'anni, ma sempre lui. Il giorno dopo non c'era più, portato via da qualcosa che non si può curare senza danneggiare qualcos'altro, e allora che fai?
Lo condivido con voi non per voglia di esibizionismo, ma per necessità: ho il bisogno fisico di mettere in ordine le parole che mi vorticano nel cervello, che mi hanno tormentato questa notte e non mi hanno fatto dormire. Parole che so non riuscirò a coordinare in un discorso coerente, parole che se pronunciate non hanno lo stesso significato. Parole che se dette sembrano terribili, eppure sono vere.
Perché Giovanni, negli ultimi due anni di vita ci ha messo di fronte a una verità tremenda: noi non vogliamo invecchiare, per non finire totalmente rincoglioniti su una sedia a rotelle, imbottiti di farmaci per sopravvivere, senza vivere davvero. Non vogliamo sapere che nelle vite delle persone che abbiamo amato e ci amano, non c'è spazio per seguirci ventiquattr'ore su ventiquattro, anche se loro vorrebbero e sono stati schiacciati dal senso di colpa. Schiacciati fisicamente. Non vogliamo sapere che il giorno dopo che saremo finiti lì, qualcun altro avrà occupato la nostra casa e l'avrà resa irriconoscibile, tanto noi non torneremo mai più.
Questa è l'ultima dura lezione che ci ha lasciato e ci ha fatto paura. Io ho avuto paura.
Se fossi stata saggia, non avrei vissuto la mia vita come se lui non ci fosse già più, ma sarei andata a trovarlo più spesso. Ma con i se non si va da nessuna parte. E me lo dicevo già quando era ancora vivo, per costringermi ad andare alla casa di riposo. Ma faceva male anche allora: ogni volta che lo vedevo, mi sedevo vicino, mi giravo dall'altra parte e piangevo. Dove sei Giovanni? Mi chiedevo. Cosa ci fa qui il tuo corpo, mentre tu non ci sei? Sei tu una forma nuova di Giovanni, che io non riconosco?
Ti ricordi quel giorno di primavera, quando siamo usciti nel parco, e ho spinto la sedia a rotelle su per quella salita e quasi morivo per lo sforzo? E tu che mi prendevi in giro? Poi siamo arrivati in un angolo al sole, abbiamo raccolto un mazzo di viole di campo e mi hai stracciato alle carte. Cinque volte. Avresti dovuto farmi giocare meno con le bambole e più a briscola, non so manco contare i punti.
Sono le tue quelle mani. Ti ho fotografato con quell'aggeggio infernale che non capivi.
Ciao Giovanni, ti ricorderò nell viole di primavera, nel suono della fisarmonica che hai suonato per farmi ballare, nei muri della casa che hai costruito per la tua famiglia. Ti ricorderò nelle giornate di vento caldo, nell'odore del fieno e delle caldarroste che hai bruciato per me.
Adesso so che questi ultimi due anni sono stati il tempo che ci è stato dato per abituarci all'idea che dovevamo lasciarti partire. E' un bel regalo, non tutti sono così fortunati.
Ma fa un po' male lo stesso.

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