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Per il compleanno di un permaloso

Creato il 11 ottobre 2013 da Alphaville

Carlo carissimo,

accidenti se sei suscettibile. L’ho sempre saputo, per la verità, e ne sono una prova gli innumerevoli rapporti rotti e ricuciti e di nuovo rotti e mai rabberciati di cui sono stata, più o meno volontariamente, testimone. Pure, la nostra amicizia non ha mai conosciuto alti e bassi: solo alti, e di questo non sarò mai grata abbastanza a chi di dovere.

Ma torniamo alla tua suscettibilità, toscanaccio. Dunque ieri era il tuo compleanno: e non ti ho scritto, come faccio tutti gli anni da quel giorno di settembre in cui hai avuto la bella pensata di andartene definitivamente (in fondo in fondo, credo di non avertela ancora perdonata ‘sta cosa; e quando ci ritroveremo pretendo una spiegazione esauriente. Sei avvisato). Il fatto che non ti abbia scritto non vuol mica dire che mi sia dimenticata di te, e lo sai. Ma siccome sei un tipo permaloso (in buon meneghino ti definirei “on rasietta”), stamattina mi hai tirato le orecchie: là da dove proprio non avrebbe dovuto essere, e senza alcun motivo, è saltata fuori la copia del tuo primo libro con tanto di dedica a me personalmente — se un minuto prima mi avessero chiesto dov’era, avrei giurato che fosse nella mia libreria. Alla faccia dell’understatement, Carlo…

E così ti ho scritto anche stavolta, hai visto? Me ne ricorderò, negli anni a venire: non sia mai che litighiamo proprio adesso. Proprio adesso che il momento è difficile, per me come per tutti, e che ho un bel ripetermi “è il Kali-yuga” — ma questo è uno di quei momenti in cui anche i mantra servono a poco. E proprio adesso che non sai quanto mi farebbe piacere fare quattro chiacchiere con te, per constatare previsioni avverate, ipotizzare scenari prossimi venturi (molto prossimi, ché di questi tempi il medio e il lungo termine sono concetti vuoti) ed elaborare strategie per trovare un senso al nostro andare e alla cerca che non abbiamo mai deposto: certo non ti vedo più, né posso sentirti come allora; ma sono sicura, anzi so, che quel tuo andare e quella tua cerca restano vivi — ci capiamo, non è vero?, come ci capivamo un tempo.

La chiudo qui, per quest’anno. Ci sono cose che più ne parli e più le rovini, e soltanto un buon silenzio può preservarle in tutta la loro ricchezza d’essere. Vale, Carlo, vale optime là dove sei; là da dove mi hai chiamato, stamattina.

Con l’affetto di sempre

A.


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