Titolo: Per l'amor di un dio
Autore: Marie Phillips
Editore: Guanda
Anno: 2009
Traduzione: Elisa Banfi
Questo romanzo di sicuro non può essere accostato alla classica storia d'amore intesa in senso ottocentesco o ad un romanzo d'avventura così come possiamo immaginarcelo: amore ed avventura sono sì mescolati al suo interno quali componenti fondamentali del racconto, ma con un nuovo ed inaspettato elemento: la parodia. Essa è infatti lo strumento a cui l'autrice ricorre per riproporre il mito di Orfeo ed Euridice nella Londra contemporanea.
Quella che viene messa in scena è una rappresentazione a dir poco ironica del pantheon greco-romano, attraverso la quale ciascun dio viene ridicolizzato proprio per il suo tratto più caratteristico, ovvero quello che nel mito classico identificava la stessa divinità. Si può riportare l'esempio di un'Afrodite fedifraga, di un Apollo dongiovanni, di un'Artemide casta perfino nel proprio linguaggio, sobrio e raffinato, di un'Atena che non riesce a farsi comprendere a causa del suo baroccheggiante modo di esprimersi. Tutti quanti si trovano nella situazione di dover difendere la loro stessa esistenza: nel XXI secolo, infatti, la radicale diffusione del cristianesimo ha fatto sì che il loro potere si indebolisse in mancanza di seguaci e di fedeli.
Proprio all'interno di questa situazione, si inserisce la vicenda di Alice, una ragazza che si occuperà si svolgere le pulizie all'interno della casa in cui vivono gli dei, nascosti e mimetizzati nella comunità londinese, e quella di Neil, ragazzo del quale Alice presto si innamorerà. I due diventeranno vittime degli screzi e delle scommesse tra Apollo ed Afrodite: Alice, non cedendo alle seduzioni del dio dell'amore, sarà incenerita e il sole verrà spento per mostrare la potenza divina ad un semplice mortale che aveva osato sfidarlo. A questo punto prenderà inizio la missione nel regno di Ade, per cercare di recuperare Alice e poter ridare la luce al sole, senza la quale la Terra sarebbe destinata a morire.
Un romanzo simpatico, indubbiamente divertente quando l'autrice si concentra sul comportamento degli dei, i quali vengono appunto "demitizzati", calati giù dall'Olimpo, non solo perché non vivono più fisicamente su questo monte, ma perché privati di quell'alone di superiorità che gli scrittori antichi, avevano conferito loro. Sarebbe infatti difficile rintracciare nell'Apollo della Phillips l'Apollo di Ovidio o di Omero. Gli antichi avevano certamente creato un pantheon nel quale gli dei assumevano tratti umani, ma qui quell'alone di immortalità viene decisamente tagliato fuori da un mondo moderno e da una metropoli che di divino ormai ha ben poco.