«AFFILIATI E RISPETTO» - La canzone inizia descrivendo il capoclan o comunque un uomo di rispetto nel vicolo, nel quartiere. Colui che «pe’ rispetto o per paura fanno a gara a saluta’». Passaggio significativo anche sugli affiliati che «na’ guerra ponn’ fa’(possono fare)», aspettano un cenno del camorrista che «gli dice ddoje (due) parole, jate (andate) llà». E il ritornello, ancora più esplicito: «Il mio amico camorrista n’omm (un uomo) chin (pieno) ‘e qualità/ ca paura e co’ curaggio a braccetto se ne va». Per lui, il boss, canta la Castaldi, valgono solo le regole che detta la strada perchè chi nasce povero non ha scelta: «n’ata (un’altra) legge nun ce sta». La descrizione ricalca il solito stereotipo: alla sua gente, quella del suo vicolo, del suo territorio, il ras non fa mancare niente. Chi sgarra però «adda pava’ (la deve pagare)».
«NAPOLETANI, SIETE MESSI MALE» - Dopo 4 minuti di canzone, l’inequivoca chiosa finale: «A parola camorrista fa paura, fa tremma’, ma per chi li ha conosciuti nunn ‘e ssape giudica’». Cioè, non è in grado di giudicarli. Scommettiamo però che la giornalista Mary Liguori che si è vista ammazzare il padre, innocente, da sicari di camorra a San Giorgio a Cremano e con lei la gente che ogni giorno si batte contro ’o Sistema forse due parole saprebbe spenderle sugli «amici camorristi». Come fa tale «Romeo», probabilmente non napoletano, in un altro commento – tantissimi – al videoclip: «Ho sempre considerato i campani un popolo di gente meravigliosa, ma fare una canzone di questo tipo, mi fa un po’ riflettere. Forse i veri napoletani, sono tutti emigrati, ed è rimasta solo la camorra? Boh… Certo che siete messi male».
Alessandro Chetta