Per mano mia. Il Natale del commissario Ricciardi
L'incipit:
Le mani assassine si muovono nella penombra , tranquille. Non hanno memoria del sangue sparso. Mescolano la colla nel pentolino, sul fuoco,per evitare che si formino grumi. Una mantiene il manico l'altra gira il cucchiaio di legno, piano in senso orario; dietro la colla si richiude subito, come un mare denso.... ....Le mani assassine si aggrappano al tavolo, e sbiancano per la stretta.Nell'acuta memoria del sangue... Avevamo lasciato Ricciardi ferito dopo l'incidente avvenuto per l'indagine sulla morte di Tettè (“Il giorno dei morti”) e lo ritroviamo sempre più vivo in compagnia dei morti e di una cicatrice sulla tempia: «E invece eccomi qui, rifletté. Di nuovo sulla breccia, come se nulla fosse accaduto.
Come se non fossi morto un altro po', come ogni volta che scopro quanto nera può essere un'anima. Come se fossi ancora vivo». Il nuovo ciclo di romanzi di Maurizio De Giovanni, col commissario Ricciardi parte dal Natale e dalla morte di due coniugi nei giorni precedenti la festività. I signori Garofalo, Emanuele e Costanza: due brave persone, dicono tutti: funzionario integerrimo della milizia portuale (la lunga manus del partito fascista negli affari del porto) lui, trovato morto del suo letto trafitto da numerose coltellate, come nell'immagine del martirio di San Sebastiano. La moglie è stata colta dalla morte sulla porta, quando ha accolto l'assassino all'ingresso con le parole “guanti e cappello?”.
Le visioni del Fatto, gli ultimi istanti di vita dei morti, non aiutano Ricciardi (accompagnato dal brigadiere Maione) a districarsi in questo caso. Caso complicato non solo per la presenza della milizia, dunque del partito che pretende una soluzione che non metta troppo in imbarazzo il partito. Caso che si complica anche perché il funzionario che doveva controllare l'attività dei pescatori, non era quella persona irreprensibile che si diceva. Una promozione a discapito del suo superiore, finito poi in disgrazia, pescatori messi alla fame perché costretti a pagare le solite mazzette .....
A complicare ancor di più le cose, un indizio: l'assassino, o gli assassini, hanno rotto la statua di San Giuseppe, nel presepe. Un caso, o questo ha un significato ben preciso?
Come negli altri romanzi di De Giovanni, epicentro della storia è la città di Napoli, qui attraversata da Mergellina fino ai quartieri del centro. Dietro la placida apparenza di felicità, per le feste natalizie , cela delle profonde ferite, nascoste dalle luci dei quartieri, dei negozi affollati di gente alle prese con gli ultimi acquisti. Dietro l'immagine del bel presepe (un elemento che ricorrerà spesso nel racconto, il presepe e i simboli dietro le statue) si nasconde la povertà e la miseria di famiglie, come quelle proprio dei pescatori. Una miseria dentro cui proprio Ricciardi deve indagare.
In questo romanzo la trama da romanzo giallo è messa un po' in disparte dalle altre storie che viaggiano in parallelo alla storia principale: il fido Maione, alter ego del commissario, alle prese con un problema di coscienza e di giustizia. La signorina Livia, che è rimasta a Napoli per prendersi il suo Ricciardi e far emergere la sua voglia di amare celata dietro la sua armatura di dolore. Enrica, la dolce e timida signorina che abita di fronte alla casa del commissario (e che questi spia mentre ricama), che metterà da parte le sue paure e le sue insicurezze. Sempre per conquistare l'amore.
E infine Napoli, la città che non è quel felice “presepe” nella scontata immagine da cartolina: è anche la città degli scugnizzi, dei quartieri popolari e le strade dei signori come via Toledo (sede del mercato del pesce a cielo aperto, il 23 dicembre). Dei teatri dove si rappresentano opere come “Natale in casa Cupiello” e delle spiagge di Mergellina dove famiglie di pescatori vivono con quel poco che il mare da. I ricchi e i poveri, l'avidità e l'arroganza di un certo fascismo e l'umiltà della povera gente. Da qui nascono le ragioni dei delitti. Ancora una volta, fame e amore.
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