Per migliorare la Direzione

Creato il 16 dicembre 2011 da Archeologo @archeologo
È (finalmente) nato, in coincidenza con la Borsa del Turismo Archeologico di Paestum, il nuovo sito web della Direzione Generale per le Antichità del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Con un'attenta scelta dei particolari, lo stesso logo della Direzione intende rappresentare "la speranza di un rinnovamento, quanto mai necessario per la nostra archeologia": parole di Luigi Malnati, a capo della struttura ministeriale. Per un momento lasciamo perdere le critiche più comuni, a cominciare dal nome quantomeno demodé che la Direzione ha assunto dal 2009, e ci concentriamo su quanto riusciamo ad osservare.
Il sito è semplice, abbandonando il progetto del 2009 ideato dal Laboratorio HOB del Politecnico di Milano a favore del più semplice modello Museo&Web prodotto dal Ministero: ha tre menù statici sui lati della pagina principale, ma da un punto di vista strutturale mostra alcune criticità. Innanzitutto sono presenti alcuni errori nel codice, i collegamenti non funzionano, rimandano alle stesse pagine in cui si trovano, e non puntano alle voci a cui fanno riferimento; al solito, le indicazioni sul "dove siamo" tralasciano la possibilità di integrare Google Maps. C'è stato un evidente lavoro di aggiornamento, visibile nei testi ed in particolare nell'elenco delle soprintendenze: eppure resta una totale anarchia sulla gestione dei siti di questi uffici periferici, che hanno template, strutture e addirittura url autonomi e diversi tra loro, oltre a non riportare gli indirizzi di posta certificata obbligatori. È stata creata un'utilissima biblioteca digitale per raccogliere gli studi e le pubblicazioni dell'ente: peccato che ci siano - al momento - solo cinque pubblicazioni in ben quattro categorie. E nonostante il proposito sincero per una maggiore trasparenza, non viene riportato il compenso del direttore generale. Il database delle attività archeologiche è comprensibilmente incompleto, ma davvero valeva la pena pubblicarlo con solo otto scavi? E - come nelle migliori inaugurazioni all'italiana - le sezioni Restauri, Mostre e Iniziative educative sono vuote.
I lati più interessanti del nuovo sito sono quelli legati al web 2.0: è possibile la condivisione sui social network, ma un'impostazione errata fa pubblicare solamente l'home page del sito, in qualsiasi pagina l'utente si trovi. Eppure è palese l'attenzione verso l'open data: si è scelto di pubblicare l'intero sito con licenza Creative Commons BY-NC 2.0, ossia si può copiare, distribuire e modificare tutto il materiale con scopi non commerciali e citandone la fonte.
Dopo tutte queste attenzioni alla forma e ai contenuti, possiamo discuterne la sostanza. Il progetto è di per sè promettente, con parecchi elementi importanti (social sharing, open data, chiarezza dei contenuti). Ma alcuni dettagli non promettono nulla di buono. Innanzitutto il sito è stato realizzato dal Servizio III della Direzione Generale, che si occupa anche di argomenti non di poco conto (circolazione internazionale delle opere, inventari museali, rapporti con l'estero): è difficile pensare che senza un'adeguata integrazione del personale - come afferma giustamente la responsabile Jeannette Papadopoulos - si possa mantenere aggiornato un sito del genere. Inoltre non c'è alcuna attenzione ai social media: nessuna pagina aperta su Facebook, Twitter o Google+, neanche un video su YouTube o Vimeo, non parliamo poi di un'applicazione per smartphone, di una versione mobile o accessibile per i disabili, come richiesto dalla legge Stanca. Senza considerare l'inesistenza di pagine in un'altra lingua, neanche l'inglese: il sito dell'omologo palestinese ha una versione in lingua straniera. Concludiamo con una domanda: un sito del genere, può costare € 30.000?

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