Per quel che ne so

Creato il 23 aprile 2012 da Postscriptum

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Non avrei voluto alzarmi dal letto… chi avrebbe voluto alzarsi?!? Erano ancora le quattro, suppergiù… Ma dovevo fare la pipì, per forza! Sarà stato anche per colpa del freddo che sentivo ai nudi piedi, sarà stata l’acqua bevuta poco prima di coricarmi…
Mi sentivo la testa pesante e con fatica riuscivo a tenere gli occhi aperti. Quando poggiai le piante dei piedi sul freddo pavimento, ebbi il tempo di pensare che avevo troppo sonno per cercare le ciabatte, o accendere la luce. Così mi avventurai verso il cesso. Deve sapere, dottore, che in passato mi era capitato spesso – o almeno qualche volta in più da scostarsi dalla rara occasione – di perdere i sensi nel momento di quel lieve sforzo atto a provocare la liberazione della vescica. Probabilmente era qualcosa provocata da sbalzi di pressione, in concomitanza con indigestioni e simili. Fatto sta che cominciai a provar la paura di svenire. In effetti mi sentivo vagamente traballante, troppo vago nella mia presenza corporea. E forse non del tutto cosciente. Anzi, a proposito di coscienza, si chieda lei stesso, caro dottore, come fa ad aver consapevolezza di esistere nel preciso momento in cui sta leggendo queste parole? Mi spiego meglio, avrei potuto mai provare coscienza di esser privo di sensi? Controllai con attenzione il flusso della pipì. Addirittura ne interruppi la fuoriuscita, al fine di verificare con attenzione che questa da un dato momento principiasse e in un preciso altro terminasse. Mi occorreva la sicurezza delle azioni che stavo compiendo, nella certezza di non sapere nulla della mia condizione momentanea. Mi sforzai ulteriormente di far uscire quanta più urina possibile. Fu quello il momento più grave, di terrore. Mi ricordai in un istante di quell’entità apparsa (e poi scomparsa nel nulla) a Pessoa per informarlo di quanto il Mistero sia più misterioso di quanto possa essere ipotizzato. Un mistero così grande che racchiude l’inesistenza di demoni, angeli, fantasmi, esseri soprannaturali. Un Mistero così enorme che denuncia anche l’inesistenza di Dio. In altre parole, il grande inganno divino non potrebbe esser quello di fingere la sua stessa Essenza? E se io ero svenuto da un bel pezzo, senza rendermene conto, come avrei mai potuto saperlo? A questo pensavo mentre tornavo a letto. Ma ero veramente io a tornare? O solo il frutto dell’immaginazione, il monstrum di un sogno? Il mio sogno o quello di un altro? Mi venne in mente che all’esclamazione/domanda “sogno o son desto?!?”, spesso si accompagna anche la figura del chiedere ad altri la cortesia di un pizzicotto. Dovevo svegliare mia moglie? No, non sarebbe stata cosa elegante. Presi a pizzicarmi, a tirarmi i peli delle gambe, con frenesia. Ma mi sentivo sempre più assente, in evanescenza. Cos’erano quei pizzichi se non l’autoindotto convincimento di provare sensazioni rispondenti ad un rapporto causa-effetto ancor tutto da verificare? Matrix? Fui colto da profonda tristezza al pensiero che il mio corpo potesse trovarsi non solo privo di sensi, ma addirittura di vita, dopo aver battuto il suo capo sul bidet, per esempio. Pensavo a mia moglie che trovandomi in tal guisa, forse non ne avrebbe avuta una buona impressione. Eppure c’era qualcosa che mi rallegrava: il fatto di poter in qualche modo pensare! Già, non lo facevo al meglio, forse, ma pensavo! Forse il disagio poteva dipendere dall’appena avvenuta “defunzione” del corpo. Il pensiero è anima e corpo? Dunque forse – se pensare era possibile ancora – forse l’anima c’era ancora. Certo non sarebbe stato un gran divertimento vivere senza corpo, di questo ne ero consapevole. Ecco, la consapevolezza, mi rimisi a cercarla. Indagavo la coscienza dei fatti. Mi occorrevano banalità, fatti talmente banali e inutili da non poter essere immaginati da alcuno. Come il ronzio lontano del motore di un’Ape. Chi potrebbe mai sognare un vecchio rumoroso motore Piaggio, nel pieno delle sue funzioni mattutine? Ragione per cui, udendo qualcosa del genere, al primo chiarore dell’alba, avrei dovuto convincermi di essere ancora vivo, corpo ed anima. Credo di essermi addormentato in quel momento. Circa alle 08:30 mi sono alzato definitivamente e per prima cosa sono andato in bagno a verificare… beh, a vedere se c’era il mio corpo. Avrei dovuto sentirmi ancor più rassicurato… e invece… Deve sapere, dottore, che sono sempre stato egocentrico. Anzi, più che egocentrico, troppo sicuro di me, delle mie capacità, della mia intelligenza. E adesso non trovo più un motivo per non ritenermi in grado di generare per immaginazione il banale suono lontano di un motore mezzo scassato di un Ape. E poi, perché non una mattinata luminosa, una moglie ancora addormentata, un uccellino che cinguetta, un dottore che mi chiede di scrivere su un taccuino le mie impressioni… me stesso, mentre mi sogno!

Firmato

Dio (per quel che ne so, potrei anche esserlo)

Gaetano Celestre


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