«Non come amico degli ebrei, ma come amico dei tedeschi, come rampollo di una famiglia prussiana in questi giorni, quando tutti rimangono muti, io non voglio tacere più a lungo di fronte ai pericoli che incombono sulla Germania». Fino all’appello disperato: «Protegga la Germania proteggendo gli ebrei!». Fu sbattuto in galera, Armin Wegner, per quella lettera straordinaria. Pestato. Frustato a sangue. Torturato. Trasferito in un lager e poi un altro e un altro ancora. Costretto infine ad andarsene in esilio. Inghilterra, Palestina con la prima moglie ebrea Lola Landau e infine a Positano, Stromboli e Roma dove sarebbe morto quasi sconosciuto nel 1978: «La Germania mi ha preso tutto: la mia casa, il mio successo, la mia libertà, il mio lavoro, i miei amici, la mia casa natale e tutto quanto avevo di più caro. In ultimo la Germania mi ha tolto mia moglie; e questo è il paese che io continuo ad amare, nonostante tutto!». Non tornò più a vivere nella patria che l’aveva tradito, Wegner. Mai più.
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per ricordare ARMIN WEGNER, IL LAWRENCE DEGLI ARMENI, da Pietro Ichino | gennaio 2016
Creato il 25 gennaio 2016 da Paolo Ferrario @PFerrarioI suoi ultimi articoli
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