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Per un compleanno

Creato il 10 ottobre 2012 da Alphaville

Cher Carlo,

eccoci di nuovo a fare il consuntivo di un altro anno (il settimo…) che ci vede divisi, io come al solito qui e come al solito vagabonda e tu chissà dove — ma mi sembra di vederti che prendi appunti sul tuo quadernone azzurro, o mediti camminando magari sulla Futa —, comunque nei pensieri e nel cuore di chi sai e ti sa.

Peccato davvero che non si possano fare due chiacchiere sulla situazione internazionale: perché pian piano prendono forma le idee e i pensieri che facevano da tela ai nostri ricami di parole — tessuti interminati e interminabili come neanche Penelope avrebbe potuto immaginare. I progetti che sono stati tuoi cerchiamo, noi rimasti, di portarli a compimento nel modo migliore; e quest’anno ti sono, se possibile, ancora più vicina nell’impresa. Ma confesso che mi manca proprio una sponda come te per aiutarmi a far luce su dinamiche ed eventi di questo 2012 geopoliticamente travagliato ma sperabilmente non così prossimo alla fine come vorrebbero i catastrofisti in stile Maya.

Qualcosa è cambiato, dall’ottobre scorso — c’è sempre qualcosa che cambia, o siamo noi che cambiamo: fatto sta che non ci si bagna due volte nella stessa acqua. E, come diceva quel crepuscolare di cui talvolta parlavamo, «vano è dire sempre / e vano è dire mai»: così certe presenze si sono rivelate meno certe ma certamente meschine, e ci siamo tolti un po’ di zavorra — mi dicevi sempre che è importante viaggiare leggeri, e meglio i  vèliti che i catafratti.

Sai, è strano: più passa il tempo e più fatico a trovare le parole per ricordarti, mentre il pensiero resta vivo e intenso. Forse è questo che si intende con “andare al fondo delle cose”? Il venir meno del flatus vocis e il consolidarsi della res? Mi piacerebbe parlarne con te, anche se di filosofia discutevamo meno che d’altre materie. Del resto, le cose più o meno concrete che mi richiamano te sono abbastanza numerose e abbastanza disparate: il tuo Rocci, per esempio, con i ghirigori dettati dalla noia e dal tormento di compiti indigesti (chissà se Claudio ti avrebbe bacchettato — non credo); o, à la Proust, l’odore di candeggina che mi ricorda (puntualissimo) quell’acquaccia imbevibile che avevate a Firenze e che trangugiai incautamente in una sera torrida rischiando di strozzarmi mentre tu ridevi fino alle lacrime.

Basta: se dicessi altro rischierei di diventare patetica o pedante. La chiudo qui, questa chiacchierata; e vado avanti verso un altro anno da ricordare.

Guarda giù, ogni tanto, ché ci manca il tuo sguardo.

Buon compleanno…


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