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Per un corpo rigenerato. Le creazioni cyborg e panplanetarie di Stelarc di Nausica Hanz

Creato il 05 dicembre 2015 da Wsf

“Un essere umano può uccidere un robot uscito da una fabbrica della General Electrics,
e con sua sorpresa scoprire che sanguina e piange. Ed il robot morente può rispondere al fuoco,
e con sua sorpresa vedere un filo di fumo grigio
levarsi dalla pompa elettrica dove avrebbe dovuto esserci il cuore umano.
Sarebbe un momento di verità,
per entrambi.”

(Philip K. Dick)

Immaginiamo i corpi disegnati da Vesalio e da Leonardo Da Vinci: vene, nervi, muscoli, ossa sono gli elementi di quella danza anatomica che forma la struttura interna del corpo umano. Proviamo ora a immaginare di poter sostituire alcune di queste parti con dei dispositivi inorganici e tecnologici. A pensare all’architettura corporea come ad una costruzione mobile, in cui i pezzi possono essere modificati e scambiati, ma nonostante ciò l’intero impianto prosegue le sue funzioni senza subire rallentamenti o peggioramenti. A tutti probabilmente, almeno una volta, è capitato di figurarsi con un corpo differente; ora però tra l’idea di un possibile “corpo ideale” e la sua realizzazione esistono limiti, paure, pericoli che fanno sì che quell’idea rimanga tale e non si concretizzi. C’è chi invece ha riprogettato il proprio corpo ricercandone non un’estetica perfetta, bensì una funzionalità completa e il suo nome è: Stelarc.
Nato a Cipro ma trasferitosi in Australia per continuare gli studi, Stelarc intraprende la sua carriera artistica negli anni Settanta. La sua ricerca parte inizialmente con il sondare, attraverso l’uso dei video, le cavità del corpo umano come ad esempio i polmoni, lo stomaco e il colon. Attraverso questa pratica lo sguardo si sposta quindi dall’involucro esterno (ossia l’interfaccia che ci rapporta al mondo e simbolo, per eccellenza, dell’apparenza) per esplorare il magma viscerale custodito nelle zone dell’invisibilità.
Stelarc sfonda la superficie corporea per addentrarsi nell’intimità dell’organismo, egli oltrepassa la pelle per osservare e comprendere le caratteristiche e funzionalità delle varie componenti corporee, in modo da poterle così potenziare o sostituire. Il suo approccio alla materia organica non è però orientato a evidenziarne l’essenza vitale, ma è invece rivolto a criticarlo, sostenendo che il sistema biologico è inefficace e superato.

Amplified Body

Amplified Body

In riferimento a questo l’artista australiano affronta la questione del DNA. Egli afferma che il corpo, in quanto obsoleto, deve essere modificato nelle forme, negli organi ma anche nel codice genetico e che devono essere gli individui a decidere il destino del loro DNA. Il processo di selezione naturale dato dal caso si dovrebbe interrompere e divenire invece il risultato di una scelta individuale. E l’autore giunge a questa affermazione chiamando in causa il concetto di libertà. Liberta che non coinvolge più le idee, ma una libertà di forma: libertà di modificare e di trasformare il proprio corpo.
Già, perché per Stelarc è indispensabile che ogni individuo sia libero di riprogettare il proprio organismo e, soprattutto, che l’umanità si allontani dall’idea di corpo come sede psicologica e rappresentativa di un sé e cominciare invece a considerarlo come una struttura da controllare e da modificare. Corpo dunque non come oggetto di desiderio, ma come oggetto di riprogettazione.
Riprogettare il corpo significa costruire un organismo capace di resistere alla gravità, all’atmosfera e ai campi elettromagnetici; un organismo attivo e partecipe d’innanzi a qualsiasi avvenimento naturale gli si presenti. E questo nuovo corpo Stelarc lo definisce panplanetario in netta opposizione allo “psicocorpo”. La fisiologia pan-planetaria è caratterizzata dalla flessibilità e dalla resistenza ed è disconnessa dal pianeta, dal biologico e dal culturale, il corpo infatti deve esplodere da questi fattori e liberarsi degli agganci fisici che lo obbligano alla obsolescenza.
Per costruire la corporeità post-planetaria è necessario innestare nell’organismo l’elemento tecnologico, e tale filosofia cyborg è riscontrabile soprattutto in lavori come: The Third Hand (1980), Stomach sculpture (1993) e in Exoskeleton (1997).
Stomach sculpture è una scultura interna al corpo, ideata per essere esposta alla Triennale di Melbourne che aveva come tema opere realizzate in spazi particolari. La struttura è compressa (insieme alla scatola di controllo) in una capsula che viene immessa nello stomaco, organo che viene prima gonfiato d’aria e poi svuotato tramite un endoscopio. La scultura si apre e si estende grazie a un circuito logico, a un motore a scatti e a un cavo flessibile; essa è dunque un’opera estensibile, sonora e autoilluminata, un segnalatore acustico infatti suona in sincronia con la lampadina che lampeggia nello stomaco. In questo lavoro i confini fisiologici sono stati spezzati e il corpo si fa contenitore di altri corpi che, come in questo caso, possono trasformarsi in custodi dell’arte.

Exoskeleton

Exoskeleton

Un altro lavoro di Stelarc, questa volta però performativo, è Exoskeleton. Progetto sviluppato e costruito a partire dal 1997, si tratta di una coreografia ingegneristica in cui l’artista si trova inserito in una macchina a sei gambe che si contraggono e si azionano avanti, indietro e lateralmente. Il corpo è posizionato su una tavola girevole che gli consente di ruotare attorno al suo asse, mentre il braccio sinistro possiede una leva manipolatrice pneumatica avente 11 gradi di libertà e in cui le dita diventando pinze multiple capaci di aprirsi e chiudersi. È il corpo dell’artista che aziona la macchina tramite il movimento delle braccia e pure in questo caso l’elemento audio è derivato dai suoni prodotti dal robot e dal suo movimento.
Da questi due esempi, che comunque non sintetizzano minimamente la carriera di Stelarc, appare chiara la volontà dell’artista di far dialogare tra di loro le diverse dinamiche del corpo e della macchina. Stelarc, nel formulare la sua critica verso il corpo organico, dedica spazio anche al tema della morte. Egli afferma che se si rifà l’intera architettura corporea e la si rende più forte, sostituendo le parti difettate, si può generare una vita eterna. Perché la morte è soltanto l’espressione di una strategia evolutiva e di organismi superati, i corpi dunque non avrebbero più ragione di invecchiare e deteriorarsi e non si indebolirebbero né si affaticherebbero.

The Third Hand

The Third Hand

Dotati della possibilità di rinnovarsi e riattivarsi, essi si fermerebbero per poi ripartire. Di conseguenza il corpo deve diventare immortale per adattarsi. Stelarc deve essere considerato un precursore e un innovatore in questo ambito di ricerca, la sua filosofia però deve andare oggi rivalutata. Considerare il corpo obsoleto è infatti un errore. Studi recenti affermano che il corpo umano è dotato di forti potenzialità e abilità, appare quindi ovvio che prima di sostituire l’organico con l’inorganico, è necessario acquisire una conoscenza del corpo più approfondita.
Fondamentali in questo caso sono state le ricerche delle neuroscienze che grazie alla scoperta dei neuroni specchio hanno confermato il ruolo protagonista del cervello sulle nostre azioni. Queste scoperte neuroscientifiche sono utili anche per investigare la relazione del corpo e del cervello con le tecnologie. In Stelarc, ad esempio, gli apparati tecnologici sono stimolati dal corpo e non si cerca di indagare le possibilità dell’organismo ma soltanto di sostituirlo. Questo procedimento presuppone un uso del cervello come calcolatore che elabora, capta e ricostruisce le informazioni come un computer. I neuroscienziati hanno però criticato tale visione e hanno preferito definire il cervello come un simulatore, in cui l’azione è anticipata e costruita nel cervello, in questo caso quindi l’esperienza attraverso i sensi non è più la principale fonte d’apprendimento perché le informazioni esterne sono prima captate dal cervello.
Da queste valutazioni è evidente come le opere ingegneristiche e meccaniche di Stelarc vadano intese come strabilianti congegni sperimentali e artistici, ma non certo come possibile alternativa d’esistenza. Uomini – Cyborg che si nutrono dell’artificiale per trasformarsi in una creatura sintetica forte e indipendente. Un Tetsuo liberato dalla pellicola che trova la vita altrove, in un’altra realtà e forse lontano da noi.

di Nausica Hanz

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Fonti: Teresa Macrì, Il corpo postorganico, Costa & Nolan, 2006
Pier Luigi Capucci, Il Corpo Tecnologico, Baskerville, 1994


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