Magazine Bambini
La scorsa settimana la cronaca ha riportato una notizia raccapricciante: due stupendi bambini e la loro amorevole mamma non ci sono più, per mano di uno che all'anagrafe, dicesi, essere stato padre e marito. Ho pianto tanto ma non ne ho parlato mai, nemmeno con mio marito. Lui ha fatto lo stesso con me, come se la notizia ci fosse sfuggita, ma la realtà è che si è trattato di qualcosa di così orribile, che abbiamo preferito il silenzio. C'è chi l'ha definito psicopatico, chi cattivo, chi malato, di sicuro tutti concordano con il "non normale". A me francamente una definizione non mi viene e non m’interessa un bel niente se sia malato oppure meno. Non m’interessa nemmeno nominarlo, ne tentare di capire "il perché". L'unica cosa che m’interessa moltissimo è sapere però la fine che farà e a proposito, questo post lo voglio considerare un appello, affinché codesto individuo, non veda mai più la luce del sole.
Di sicuro, nel teatrino giudiziario sta per scatenarsi la guerra delle perizie, dell'esistenza o meno della premeditazione, e di eventuali fattori che l'abbiano reso, anche per pochi attimi, incapace di intendere e di volere. La difesa, perché ci sarà una difesa, giocherà queste carte, cercando di tirar fuori per quanto possibile, "il miglior guadagno", in termini di sconto di pena. Se penso a quel che sta per succedere, rabbrividisco ancora di più.
Il "diritto di difesa" lo garantisce la nostra Costituzione ed è uno dei principi cardini del diritto processuale, è un diritto che viene definito inviolabile e garantito a tutti, ma è giusto che sia così? Quanto un individuo, che ha fatto ciò che ha fatto, ha diritto ad avere dei "diritti", ancor più quello di difendersi, dopo aver addirittura confessato? Quanto è giusto in un caso come questo "processare"? Come si può dover disquisire sulla pena e sulla sua quantità? Se devo dire la mia e contravvenendo a qualsiasi codice deontologico, proporrei la gogna pubblica: attaccato lì a un bel palo in piazza e alla merce di chiunque vi passi davanti, ma anche a pensare a qualcosa di più ragionevole, vorrei che la pena applicata persegua principalmente il suo fine naturale, ovvero "punire": non rieducare, non guarire, non reinserire bensì PUNIRE,però qui siamo in Italia, il paese della democrazia, dove a fronte di quotidiani ed efferati delitti, non si riscontrano quasi più "confessioni", dove è così forte la sensazione d’impunibilità, che tutti "si avvalgono della facoltà di non rispondere" per non commettere passi falsi, e dove anche il DNA si dice possa sbagliare. Nessuno che si espone e tutti scandalizzati dal "mostro in prima pagina", un fiume di perbenisti e di moderati che non prendono posizione per non scontentare nessuno e tenersi tutti amici. Dei bambocci anzi dei fantocci!Faccio qui appello all'ipotetico difensore del soggetto di cui sopra e al giudice che dovrà giudicarlo: lasciate perdere, lasciatelo al suo destino, fregatevene del lavoro che ci dice, deve garantire a ognuno la migliore difesa, siate uomo o donna di valore. Non lasciatevi tentare dal "caso importante" perché una volta spenti i riflettori, vi rimarrà solo la sensazione di essere stati suoi complici: compilate le carte, mettete i timbri, raccogliete le firme ma poi voltatevi e lasciate che sia il giudizio universale a pareggiare i conti, altrimenti entrate in casa e togliete tutti gli specchi appesi alle pareti: passarci davanti e guardarvi la vostra immagine riflessa, da quel momento in poi, vi diventerà insopportabile.