Un filone consolidato della ricerca in semiotica, psicologia e sociologia della comunicazione [Umberto Eco, 1994; Dan Schiller, 2007; Manuel Castells, 2009] ha messo in evidenza che le persone comunicano se condividono il significato dell’informazione passata nel contesto delle relazioni sociali in atto.
Gli individui sono capaci di modificare il senso dei messaggi scambiati, ma la costruzione del significato è complessa. Avviene con un processo influenzato dal contenuto e dal formato dei messaggi, dalla tecnologia e dalle pratiche comunicative variegate che gli attori usano, dalle esperienze passate. Dipende dai livelli di coinvolgimento attivati in presenza delle opportunità di informazioni, idee e impressioni, raccolte con motivazioni diverse da persone diverse e dalla stessa persona in circostanze diverse.
I “destinatari” della comunicazione politica per lo più prestano un’attenzione relativamente scarsa e trattengono solo un’esigua frazione dell’imponente flusso d’informazioni inviate dai partiti con l’ampio ventaglio dei media tradizionali e nuovi, di massa e sociali.
Per orientare il loro comportamento elettorale i “componenti delle audience” impiegano schemi interpretativi degli eventi politici che li riguardano, come delle attività di schieramenti e leader che preferiscono, traendoli dalla percezione degli interessi immediati e dal repertorio di conoscenze memorizzate.
La comunicazione avviene con il riconoscimento di un “campo comunicativo”, dove le persone possono interagire, negoziando le regole per svolgere il processo che conduce alla co-significazione, avvalendosi delle tecnologie, delle caratteristiche degli attori, dei loro codici culturali e delle procedure comportamentali. E’ un processo, che sorregge quello di scambio tra i partecipanti alla comunicazione e ne configura il campo di azione, mentre opera per elaborare la cultura della condivisione e la formazione dell’unità sociale.
“I soggetti comunicativi non sono entità isolate; interagiscono fra loro formando reti di comunicazione che producono senso condiviso. Siamo passati dalla comunicazione di massa rivolta all’audience, a un’audience attiva che ritaglia il proprio senso mettendo a confronto la propria esperienza con i flussi monodirezionali che riceve. Così osserviamo la nascita della produzione interattiva di significato. Questo è ciò che chiamo audience creativa, la fonte della cultura del remix, che caratterizza il mondo dell’autocomunicazione di massa” [Manuel Castells, 2009].
La comunicazione politica in tal modo praticata configura il sistema democratico, consente la cittadinanza attiva, serve a perseguire i fini di adattamento e mantenimento della Politica.
La leadership “carismatica” degli showmen televisivi, diretta all’integrazione passiva dei comunicanti e alla loro interpellazione nelle occasioni istituzionali, in funzione delle necessità di governo del sistema politico, è andata in crisi irreversibile. La politica spettacolo dei bagni di folla e delle acclamazioni all’unto del Signore riconosciuto adesso serve appena per le sottolineature caricaturali dei comici e dei vignettisti tradizionali.
I rottamatori, che vogliono cambiare, perché “tutto resti come prima”, non fanno più presa.
La realtà dimostra in centinaia di occasioni che bisogna riabilitare la politica dei professionisti al servizio delle esigenze dei cittadini e non solo a quelle dell’equilibrio del bilancio pubblico, per ottenere successo.
Oggi le tecniche e i metodi della scienza politica mettono a disposizione degli attori del processo di formazione ed espressione delle preferenze individuali e collettive molte possibilità di comunicazione e co-significazione, per scegliere fra le alternative politiche sottoposte al vaglio democratico.
Non si tratta di fare del tecnicismo né del metodologismo, ma di acquisire strumenti di analisi e criteri per rilevare, selezionare, affrontare e risolvere i problemi cronici dell’ambiente politico, conoscendo nuove esperienze concrete e impadronendosi di modelli di comunicazione e sistemi di decisione, idonei a migliorare il livello, le caratteristiche e l’integrazione della comunità sociopolitica.
“Il potere politico è un potere relazionale, che appartiene a chi lo esercita”, scriveva più di trent’anni fa il caposcuola della scienza politica italiana del dopoguerra, Giovanni Sartori, prevedendo che “anche nella società tecnologica più avanzata il governo resterà un governo dei politici…Un potere senza sapere è un potere limitato e circoscritto dal proprio difetto di cognizioni”.
La previsione, formulata nel libro “La Politica. Logica e metodo in scienze sociali”, si è avverata, come mostra anche il caso del governo italiano dimissionario. Le tecniche, i sistemi e le strategie politiche oggi possono essere sostenute non più solo dai “carismi” pasticcioni e dall’uso dei poteri rivolti al “consenso”.
Think-tank di esperti di tutto il mondo hanno elaborato nella pratica pacchetti di sostegno all’azione dei politici con strategie di comunicazione integrata e azioni correlate.
Metodi di visibilità mediatica, monitoraggio del consenso, controllo delle informazioni [factchecking], public speaking, redazione e presentazione dei programmi, ascolto attivo, sviluppo della fiducia, aumento della competitività individuale nel contesto politico di riferimento sono utilizzati anche in Italia da esperti della comunicazione tecnologicamente basata, per assistere i rappresentanti eletti dal popolo e i candidati alle elezioni nello svolgimento delle campagne elettorali, nella diffusione delle notizie che li riguardano, nell’attuazione dei comportamenti atti a incrementare l’efficacia delle relazioni sociali.
La comunicazione politica, come disciplina utile per soddisfare le attese e i bisogni dei cittadini, si è rinnovata e si va riconfigurando anche a vantaggio dell’aumento di efficacia dei politici, troppo spesso ancora fermi alle tesi di chi li vuole “Marche come tutte le altre” [Marcel Botton, 2009] in un piattume indistinto e indifferente agli scopi specifici, da cui emergono solo pochi lanciatori di ukase televisivi.
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