Eccerto, voi direte, eccone un’altra che sputa nel piatto da cui non riesce a mangiare. è facile fare il bastian contrario e criticare tutto quando in realtà si è solo invidiosi perché non ci invitano.
In realtà vi dico: si e no.
courtesy of: Vogue.it
Volendo, da qualche parte ci potrei anche andare. Volendo gli agganci ci sono, si possono costruire. Il fatto è, che NON voglio. Non del tutto almeno, non a questo prezzo.
Volendo, i luoghi si conoscono, le strade sono pubbliche fino ad un certo punto e si possono percorrere, ci si può guardare in giro. Ma a che pro?
Per gustarsi le vetrine della Rinascente Duomo, un tempo tempio del buongusto stile Milanobene, e oggi brandizzate in “omaggio” a Moschino che a sua volta “omaggia” l’orribile Spongebob eil consumismo fast-n-crack di McDonald’s? O forse per deliziarsi di certe uscite da blogger più o meno famose (che la mi nonna definirebbe perlopiù “scampae de casa”)?
Che poi , anche per chi ci va seriamente alla MFW, non è mica tutto sto gran divertimento e gioia: si devono fare interminabili code per entrare agi eventi, stare ore e ore arrampicate su tacchi scomodi o sedute su sedie assassine, bardate a festa come manco alla prima comunione, ci si può attrezzare solo di tristissimi smoothie’s, da fotografare con il cellulare e postare su instagram fra una sfilata e l’altra, e mini-bag che tristemente non tengono nemmeno il fantasma di un’idea, figuriamoci la casa che ci dovremmo portare dietro per un po’ di comfort, ci si deve scarpinare (o ciabattare) mezza Milano facendo a pugni con il traffico e il delirio più totale, si devono sorbire il ciclo e le psicosi del pr con manie di grandezza di turno (o delle varie starlette e più-o-meno celebrities che “lei non sa chi sono io”, devono sgomitare fra la folla urlante di furbette che cercano di infilarsi, apparire, fare il colpaccio, lanciare mode e trend (dove, non si sa: le più, dal balcone).
Son cose che logorano, sapete? Son cose che tolgono il gusto dello stupirsi del poco (di buono) che c’è ancora in questo “evento”.
E tolta questa, che era la parte bella, culminante con la partenza della sfilata, l’apertura del sipario, la carrellata di meraviglie da gustare (se ci va bene) con gli occhi che luccicano, cosa resta? Il nulla.
Si perché la verità è che a me tutto questo carrozzone, anno dopo anno, stagione dopo stagione, non sembra altro che uno sforzato elogio estemporaneo, l’autocelebrazione della fuffa, del vuoto, e del(poco) o niente.
Persino al mio occhio inesperto (per carità lo ammetto e sono pronta a farmi smentire), paiono ben poche le idee veramente rivoluzionarie, o con della sostanza, dietro allo show. I più sanno rivisitare questo o quello stile, riproporre, re-inventare… ma l’inventare, lo stupire, dove sono finiti?
E io sono la prima ad amare certi stili, ad avere interi decenni come icone di stile intramontabile (i 20, i 50-60).. ma qualche volta vorrei vedere qualcosa di nuovo. Qualcosa di iconico. Qualcosa di Coco Chanel che cambiava un’era.
Cose così.
Invece mi volto qua e là, osservo, e vedo solo concetti triti e ritriti e rivisitazioni improbabili.
..che certe cose te le aspetti da Anna Dello Russo, certo.. ma alla fin fine non riesci a perdonarle nemmeno a lei, sotto sotto. in fondo in fondo.
Per carità, la haute couture, il design, è anche giusto che siano show portato all’estremo, immettibili in un “giorno qualunque”, ma perché mi devo guardare in giro e vedere solo outfit surreali, improbabili o, poco poco, inguardabili? Perché devo aggirarmi per la mia città e vederla trasformata in uno zoo (mediatico e no), invaso da aspiranti blogger e wannabe it-girl, influencer, -coser varie?
Perché devo vedere pochi street style veramente originali e di gusto
(Charlotte idolo su tutte, ma dico “perfavore no” alla Fer-gnagna nazionale, ad esempio), e sorbirmi tutte queste brutte copie della passata collezione, ostentate anche con l’orgoglio di chi pensa di essere superiore, di avere gusto, di avere una VISIONE fashion “troppo avanti” per essere compresa dalle masse?
Mi spiace, ciccine, ma il gusto sta di casa da un’altra parte. Il fashion, lo stile, quelli veri, riposano le stanche ossa in una tomba ben nascosta che, evidentemente, non siete state in grado di omaggiare, ma solo di profanare.
E mi spiace essere così pesante, vetusta, incapace di comprendere la vera arte così come la vera moda, ma io resto del mio parere. Di molto inacidito dall’”ho visto cose che voi umani” accadutomi in questi giorni.
Una breve carrellata, giusto per rendervi conto? Ecco alcuni tipi di (S)blogger e wannabe qualsiasi-cosa, che capita puntualmente di incrociare per strada (purtroppo) durante la Fashion Week:
- La lega cattolica, sbarcata in piazza Duomo: outfit del momento paiono essere le gonnelline al polpaccio (che tutto è fuorchè ben tornito), abbinate alla camicia DENTRO l’elastico, ad una improbabile cintura alta asegnare lo (s)punto vita (e il culone da casalinga disperata), in abbinamento alle onnipresenti ciabatte flat, all’occhilone nerdy-style in montatura pesante (lanciato da Arisa e mai più dimenticato) e, a scelta, foulard tipo donna delle pulizie o cappellone floscio in feltro (l’ideale per ripararsi dal timido sole autunnale)
source: Stylosophy, ma almeno qui è indossata correttamente (anzi, da WOW)
- Quelle di “rottura” (di balle di sicuro, di stereotipi della moda… boh): quelle che gli abbinamenti se li inventano di notte, e quelle che vedono un outfit sulle passerelle, e se lo reinventano, stiliste de noantri. Quelle che “i pantaloni larghi acqua in casa con la camicia kimono” fanno così ffigo, e quelle che solo perché hanno le gambe ossute pensano di poter mettere la calza 40 denari, e lo shorts in pelle per “reinventare” il tailleur pantalone.
- Quelle che: camouflage è il mio secondo nome. Nel dubbio, vada per il mimetico, tanto è sempre di moda. O il tartan. O il pied de poule –total look. O il pantalone della tuta indossato in maniera spavalda… insomma, quelle a cui ti verrebbe voglia di dire che un paio di jeans, una t-shirt bianca e magari un dettaglio prezioso e fai di sicuro meglio figura.
- Quelle che fanno shopping alla collezione prima e arrivano, puntuali come le tasse e la morte, vestite di quei due/tre capi “Sensazione” e con la it-bag sottobraccio, e perciò si sentono giustissime, arrivatissime, figherrime. Quest’anno hanno anche sdoganato le scarpe da ginnastica – e vorrei ringraziarle ma… no, anche no.
spero che popsugar.co.uk non me ne voglia a male ma.. no, grazie.
ancora popsugar.co.uk
- Quelle da guerra atomica (con l’armadio): si alzano al buio, si gettano nell’armadio, ne escono come ne escono e così, senza guardarsi allo specchio, si buttano in strada. Vorremmo inneggiare al tripudio di colori, ma stiamo ancora cercando di capire che cosa ci significano, che cosa ci vogliono trasmettere, quale è l’idea –se ce n’è una –dietro al loro outfit che grida vendetta. A chi, poi.
- Quelle che ancora non si sono riprese dalle vacanze, e si aggirano smarrite per una Milano autunnale praticamente ancora in costume da bagno, per la gioia dei nostri occhi. Unica concessione al frescolino incombente: l’ankle boot (aperto, però) invece del sandalo alla schiava, o del sandalo con zeppa correttiva e calzino, rigorosamente indossato su gamba nuda. Noblesse oblige, davvero.
- LE minimal-cheap: che vorrebbero essere chic, con i loro vestitini aderenti in jersey, neri, tutti uguali, che sembrano tutti comprati ai saldi da Pimkie (e invece magari sono anche straccetti firmati) abbinati al fluente capello sciolto e alle sneakers d’ordinanza. Ninfette in età prescolare che si aggirano in branco come vere galline imbizzarrite, bigiano a scuola per andare a farsi vedere fuori dalle sfilate, appestano ogni evento (pubblico o privato che sia, ma non hanno un coprifuoco??), ma ne hanno ancora di strada per capire com’è che si diventa donne. Di quelle vere.
- e si, ho visto anche chi ha messo una mini-bag chanel “lego” in una orrida shopper di plasticona trasparente, e se l’è portata in giro come se fosse l’ideona design del momento. Eia, credici.
- E si, ne ho vista una aggirarsi con short in plastichina stile k-way, taglio boxeur, crop top a scomparsa (Tanto era gonfiato il davanzale) e decolletè zeppa/tacco 20 modello “novedratese”, incapace di attraversare sul pavè, ma ostinata a ritenersi la prossima vincitrice di Miss Italia. L’importante è crederci, mi ripeto.
E mi fermo qui, prosciugata nei buoni propositi e nella pazienza, stendendo un velo pietoso sul resto, e concludo, unendomi al (piccolo) coro di quelle poche che si confessano preoccupate, al pensiero di cosa si aggirerà per le strade della NOSTRA Milano la prossima stagione: un esercito di Barbie modello Zoccola a L.A. che non passerà di certo inosservato – e non abbellirà, altresì, le vie cittadine.
Ma del resto si fa l’abitudine a tutto, e dalla circonvallazione e dagli incroci delle statali dell’hinterland milanese sarà più facile calare sul centro cittadino, senza nemmeno passare a casa per darsi una ripulita.
Per questo, tutte in coro, rendiamo grazie a Moschino – CHEAP (& chic?)